Per molti ma non per tutti
“Mordechai l’ebreo era vice del re Achashverosh: grande tra gli ebrei e gradito ai suoi molti fratelli, cercò il bene del suo popolo e mise pace a tutta la sua stirpe”. L’ultimo verso della Meghillat Ester, con il suo tono trionfale, non sembra lasciare adito a dubbi nell’encomio solenne del protagonista. Confesso che prima di leggere il commento dell’edizione Morashà non avevo mai notato che “molti” è diverso da “tutti”, e infatti il Talmud (Meghillà 16b) ci racconta che una parte del Sinedrio aveva preso le distanze da lui. Perché? Rashì spiega: dal momento che aveva trascurato la Torah dandosi alla politica.
Critiche ingiuste e ingenerose? Forse: dal suo posto di viceré Mordechai poteva fare del bene a molti, portare un po’ di giustizia nell’impero persiano, e anche permettere ai suoi critici di studiare la Torah in pace. Eppure è divertente immaginare questi bastian contrari che, mentre il loro correligionario è al culmine del prestigio e della gloria, amato e celebrato (e anche temuto) da tutti, si godono il piacere di criticarlo. Anche la divisione nel Sinedrio a cui il Talmud accenna appare estremamente salutare: mentre chiudiamo la Meghillà e ci accingiamo a festeggiare scopriamo che abbiamo imparato a diffidare dei finali troppo lieti, delle conclusioni troppo scontate e soprattutto dell’insano desiderio di cercare l’unanimità a tutti i costi.
Anna Segre, insegnante