Gariwo lancia l’appello al Parlamento europeo
“Dedichiamo il 6 marzo alla Memoria dei Giusti”

Si è svolta al Teatro Parenti di Milano una manifestazione organizzata dall’Associazione onlus Gariwo – la foresta dei Giusti, per dire grazie ai Giusti, ovvero alle donne e agli uomini che si sono opposti e ancor oggi si oppongono ai genocidi, in difesa dei diritti umani, alla quale hanno partecipato tra gli altri Gabriele Albertini, Ferruccio De Bortoli, Antonio Ferrari, Stefano Levi Della Torre, Salvatore Natoli, Vittorio Emanuele Parsi, David Sassoli, Roberto Jarach, Pietro Kuciukian, Francesco M. Cataluccio, Ruggero Gabbai e tanti altri.
L’iniziativa è a sostegno dell’appello lanciato da Gariwo per chiedere al Parlamento europeo l’istituzione della Giornata europea dei Giusti per cui a gennaio si è dato avvio alla raccolta delle 369 firme necessarie per l’approvazione. Si tratta di una mozione di alto valore morale, che l’Italia presenta all’Europa in un passaggio critico della sua storia, perché venga dato riconoscimento ufficiale a quelle figure di uomini e donne che hanno vissuto concretamente quei valori di rispetto della libertà e di tutela della vita e della dignità umana su cui si è fondata l’unità dell’Europa.

Mai come quest’anno le iniziative organizzate per il Giorno della Memoria hanno lasciato il segno, con eventi in tutte le città italiane e interventi particolarmente significativi. Una delle organizzazioni che è da anni in prima fila nell’impegno per la Memoria a Milano e non solo, rimane in primavera nel pieno della sua attività. Si tratta di Gariwo, il Giardino dei Giusti di tutto il Mondo nato al Monte Stella sull’esempio del Giardino dei Giusti di Yad Vashem a Gerusalemme, gestito in collaborazione con il Comune e l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. Ogni anno, con l’arrivo della bella stagione, Gariwo pianta nuovi alberi dedicati a coloro che in ogni angolo del globo, nei momenti bui del Novecento, hanno cercato di impedire il crimine di genocidio e a chi oggi si batte contro i ricorrenti tentativi di negare la realtà delle persecuzioni. E nel 2012 c’è una novità importante, la presentazione di una petizione al Parlamento europeo per istituire una Giornata in memoria dei Giusti che venga celebrata in tutto il continente. A spiegare come nasce l’iniziativa è Gabriele Nissim, fondatore e presidente di Gariwo, autore di numerosi libri, tra cui L’uomo che fermò Hitler, Il tribunale del bene, La bontà insensata.
Dottor Nissim, perché proporre una Giornata per i Giusti?
L’obiettivo della nostra attività è sempre stato quello di rendere universale l’idea nata a Yad Vashem, e cioè evidenziare la responsabilità personale di ogni individuo nei momenti difficili dell’umanità, la possibilità, che ciascuno ha, sempre, di affermare ‘dove ci sono io, il male non passa’, che era poi il principio fondamentale che ispirava il lavoro di Moshe Bejski (giudice della Corte Suprema israeliana che presiedette per cinque anni, dal 1970 al 1975, la commissione per il riconoscimento dei Giusti tra le Nazioni del Museo di Yad Vashem ndr). In questi anni abbiamo portato avanti iniziative per ricordare coloro che salvarono vite umane non solo durante la Shoah, ma in tanti altri capitoli tristi della storia recente, il genocidio armeno, la guerra in Bosnia… Da qui nasce l’idea di rivolgere al Parlamento europeo un appello per istituire una Giornata in Memoria dei Giusti. Abbiamo trovato l’appoggio entusiasta di cinque eurodeputati (tra cui tre italiani): Gabriele Albertini, Lena Kolarska–Bobiska, Ioan Mircea Pacu, Niccolò Rinaldi e David-Maria Sassoli. A questo punto dobbiamo aspettare di vedere cosa succederà. Non sarà facile, considerando che affinché la Giornata sia effettivamente istituita è necessario che la maggioranza dei deputati vada appositamente ad apporre la propria firma, ma noi stiamo facendo il possibile per sensibilizzare sia il Parlamento sia il pubblico, anche attraverso una campagna sui social network, con un’applicazione Facebook in tutte le lingue europee. La data scelta è quella del 6 marzo proprio in omaggio a Bejski, che scomparve il 6 marzo 2007.
Quest’anno la scelta di Gariwo è stata quella di celebrare il Giorno della Memoria invitando due donne ruandesi, Yolande Mukagasana, sopravvissuta al genocidio dei tutsi del 1994 e candidata al Premio Nobel per la Pace 2011, e la sua salvatrice hutu Jacqueline Mukansoner.
Sì, è un’iniziativa molto importante perché in Ruanda la situazione tra le due etnie è ancora tesa. Le nostre ospiti hanno accettato con grandissimo entusiasmo, dandoci la grande possibilità di ascoltare la viva voce di una vittima del genocidio visto che Yolande Mukagasana ha perso il marito, i figli, i fratelli, i genitori, e di una Giusta, che la nascose in un mobile di casa mettendo a rischio tutto per salvarla, e siamo riusciti a ottenere dal governo ruandese, nonostante il clima di guerra civile e il negazionismo del genocidio che permane tuttora, una collina in cui creare un Giardino dei Giusti del Ruanda, dove mi recherò nei prossimi mesi per l’inaugurazione.
Il Giorno della Memoria esiste dal 2001. Sono ormai tanti anni che lei va a parlare nelle scuole. Nota nei ragazzi una reazione diversa, una maggiore consapevolezza, rispetto ai primi tempi?
Io penso che le Giornate della Memoria funzionino a patto che non siano ripetitive, a patto che la Memoria non diventi retorica. È necessario coinvolgere i ragazzi trasmettendo loro il messaggio che fare qualcosa contro il male è possibile. A quel punto i ragazzi si immedesimano e cominciano ad applicare questi principi al mondo contemporaneo, al contrasto di fenomeni come l’antisemitismo e il razzismo. D’altronde, la grande intuizione di Bejski fu proprio realizzare quanto sia potente l’effetto della Memoria del Bene.
Concentrandosi sulla Memoria di chi, quando venne il momento di decidere, scelse il bene, non si rischia però di far scattare un meccanismo autoassolutorio, dimenticando tutti coloro, la maggioranza della popolazione, che invece scelse il male o l’indifferenza?
Al contrario, l’idea di ricordare i Giusti corrisponde proprio alla volontà di mettere in discussione chi Giusto non fu, nascondendosi dietro l’assunto che le cose andavano in un certo modo e che era inevitabile. Idea per esempio sostenuta da molti di coloro che difendono l’operato di Pio XII. In L’uomo che fermò Hitler racconto la storia del capo della Chiesa ortodossa di Bulgaria, che attaccò il re in piazza per spingerlo a salvare gli ebrei. Ricordare cosa fecero i Giusti non è creare un alibi, è dimostrare nel concreto che qualcosa era possibile fare, in ogni luogo e circostanza. Bastava scegliere di farlo.

Rossella Tercatin twitter @rtercatinmoked