Qui Pisa – Se anche una targa fa paura
Come ogni anno Pisa ha ricordato il “27 Gennaio” con un calendario di iniziative particolarmente mirato, con un lavoro notevole di preparazione.
Il problema che porta con sé il Giorno della Memoria è quello di scivolare su grandi dosi di retorica, a discapito dei contenuti. E’ una questione delicata, ma non è possibile non affrontarla. Ciò nella stessa misura in cui è doveroso tenere ben salde le redini delle finalità di cui tale Giorno vive: in alcune occasioni abbiamo constatato il tentativo di discostarsene da parte delle Istituzioni.
Possiamo dire che in questo 2012 la nostra Città ha celebrato il Giorno della Memoria con tre iniziative assai importanti e ben centrate.
La mattinata si è svolta in due tempi.
Presso la tenuta di San Rossore, alla presenza delle autorità e delle Istituzioni, è stata scoperta la targa che ricorda la firma delle leggi razziali del 1938, avvenuta proprio in questo luogo per mano di Vittorio Emanuele III. San Rossore, infatti, era la residenza estiva de re ed è qui che ha avuto inizio la storia vergognosa e drammatica per gli ebrei italiani. La targa riporta: “Pisa non dimentica. In memoria dell’orrore delle leggi razziali italiane, volute dalla dittatura fascista e firmate dal re Vittorio Emanuele III nella tenuta di San Rossore il 5 settembre 1938 ”.
Il senso di questa iniziativa è ben riassunto dalle parole del Sindaco, Marco Filippeschi: “Molto impegno è richiesto a tutti noi per sconfiggere l’intolleranza, l’antisemitismo che perdura in varie forme, l’odio nei confronti del diverso. [E’ stata] l’indifferenza di molti ad ampliare le dimensioni della tragedia, e non va dato modo di permettere oblio e rimozione. Tanto più, che proprio in questi giorni, la stampa nazionale ha comunicato che esistono oltre tremila siti negazionisti e che tesi revisioniste hanno lambito alcune istituzioni culturali, prima di trovare una reazione ferma e severa. Mentre conosciamo ambienti politici, presenti anche nella nostra regione, dove si ostenta il culto della nefasta tradizione fascista e si seminano ancora dottrine razziste”.
Durante l’incontro con le autorità, al quale erano presenti alcune classi degli istituti scolastici del territorio, è intervenuto un ospite di eccezione, lo scrittore israeliano Abraham Yeohshua. Breve nota a margine: Yehoshua era stato nostro ospite nel 2002 per il festival Nessiah, dove aveva presentato il suo libro “La sposa liberata”.
Tra le cose che ha detto, nell’attesa di un suo discorso ufficiale nel pomeriggio, ci piace qua ricordare le parole da lui evocate a descrivere l’inferno della Shoà. Lo scrittore ha preso in prestito il paragone che Primo Levi compie evocando i gironi infernali di Dante. L’inferno dantesco, ha detto, si avvicina per orrore alla Shoà, di cui ha sottolineato la specificità. Un paragone, questo, colto al volo e ben interpretato dagli studenti presenti, che forse più di ogni retorica riesce a cogliere il senso di una tragedia immane e a scattare una fotografia di lettura immediata ma vera.
Successivamente l’appuntamento è stato presso l’Università di Pisa, più precisamente nel cortile della Sapienza: qui è stata scoperta una lapide in memoria dei docenti e degli studenti ebrei espulsi dalle scuole e dalla Università proprio a seguito delle leggi razziali.
A rappresentare l’Ateneo pisano alla scopertura della targa è stata la Prof.ssa Nicoletta De Francesco, che ha tenuto un discorso molto pulito e onesto, riconoscendo senza omissioni né censure la colpa dell’istituzione universitaria nell’aver avvallato le disposizioni legislative razziste.
De Francesco ha ricordato che “la svolta antisemita del regime fascista si abbatté sulla comunità accademica pisana in modo tanto repentino, quanto inaspettato. Fino alle leggi razziali del 1938, infatti, la presenza ebraica nell’Ateneo era consolidata e pienamente integrata, oltre che numericamente e qualitativamente consistente. Non a caso, a fine Ottocento, il “Vessillo Israelitico” aveva segnalato l’Università di Pisa come quella con il più alto numero di docenti ebrei in tutta Italia e per oltre venti anni, dal 1898 al 1920, un suo rappresentante, David Supino, aveva ricoperto la carica di rettore”. Ha anche parlato della difficoltà dei docenti ebrei di riavere le proprie cattedre dopo la fine della guerra, a significare che seppur la giurisprudenza era cambiata, non così gli atteggiamenti delle persone. Per quel che concerne gli studenti “la loro espulsione a seguito delle leggi razziali ebbe conseguenze immediate e pressoché definitive: nell’anno accademico 1939-40 da più di trecento gli studenti ebrei stranieri erano rimasti in quattro, che poi furono azzerati completamente l’anno successivo”.
Nello scrivere questo articolo vogliamo però essere onesti e non nascondere le difficoltà che abbiamo riscontrato nel “sovrintendere” questa iniziativa. E queste pagine ci sembrano il luogo giusto per farvi partecipi del “dietro le quinte”.
Nel 2008 ricorrevano i settant’anni dalla promulgazione delle leggi razziali. Con questo spirito è nata la proposta di sottolineare un anniversario così tristemente importante attraverso l’apposizione in Ateneo di una targa in ricordo tangibile delle vittime delle leggi razziali a Pisa, in primo luogo degli studenti e dei docenti delle scuole di ogni ordine e grado e dell’Università. Di questa proposta si è parlato nell’ambito di più incontri organizzati dal Comune e finalizzati a coordinare le Istituzioni del territorio per le iniziative del Giorno della Memoria.
La macchina organizzativa per la realizzazione della targa è risultata essere lunga, però fin da subito l’adesione alla nostra idea è sembrata immediata. La “questione targa” è rimasta nel cassetto per quasi tre anni.
In realtà, solo in tempi recenti la situazione ha avuto un rapido sviluppo, soprattutto in una delle ultime riunioni tenute in Comune. In questa sede è emersa, in termini che ci hanno lasciato esterrefatti, la non volontà da parte dell’Università di apporre la targa presso la sua sede con la motivazione di inopportunità dovuta a più fattori: non ultimo – così ci è stato riferito – per evitare eventuali contestazioni di gruppi studenteschi o antagonisti, di natura sociale o politica.
Abbiamo trovato tali considerazioni assurde e poco verosimili. Siamo infatti convinti che, di fronte a questa iniziativa, ci sia il massimo rispetto da parte di tutti. Pisa lo ha sempre dimostrato. A fronte di questo quadro, il Comune di Pisa si era reso disponibile ad accogliere la targa in uno dei suoi locali principali, anzi dandocelo già come dato di fatto.
La spiegazione del rifiuto da parte dell’Università, fornitaci dall’Assessore all’Istruzione del Comune di Pisa e non da rappresentanti della medesima (non presenti durante la riunione organizzativa nella quale ci trovavamo), ha innestato la nostra pesante protesta all’Ateneo. Tale nostra protesta si è concretizzata in una dura lettera al Rettore nella quale si scriveva che se “l’Università di Pisa non ritenesse opportuno apporre la targa, è evidente che l’espulsione di studenti e docenti ebrei dall’Università si sta ripetendo, sotto altre forme e contenuti”, specificando che riteniamo “compito di tutti (e in particolare di una Istituzione universitaria come la Sua) l’educazione, la formazione, l’accrescimento culturale e storico dei propri studenti e, in generale, della società. L’apposizione della targa è strumento di memoria e di educazione, di verità storica e di insegnamento”.
Questa lettera, sicuramente forte ma vera e doverosa, ha trovato immediata risposta da parte dell’Università e così siamo stati subito ricevuti negli uffici dell’Ateneo. Durante questo incontro sono emersi scenari di tutt’altro genere, in particolare quello secondo il quale la nuova Amministrazione universitaria non solo non aveva neppure la bozza del testo da incidere sulla targa (testo che, peraltro, a noi è stato consegnato soltanto nel mese di Dicembre 2011), ma non era neppure al corrente dell’iniziativa. L’Ateneo pisano ha dato la sua massima collaborazione, rendendosi disponibile superando questa empasse che stava bloccando l’attuazione del “progetto targa”.
A questo punto, chiariti i vari aspetti con l’Università – e affrontati quelli non limpidi con altre Istituzioni – la “questione targa” ha ripreso il suo iter corretto e si è giunti finalmente alla conclusione della vicenda con l’inserimento nel calendario del Giorno della Memoria lo scoprimento della lapide presso La Sapienza.
Tutta questa vicenda, davvero lunga e in alcuni frangenti anche amara, si è risolta grazie alla nostra perseveranza: non lo diciamo per elogiarci, perché non è una “vittoria” del Consiglio e/o della Segreteria, ma è una “vittoria” della Comunità e di tutto l’Ebraismo italiano. Parliamo, forse impropriamente, di “vittoria” proprio perché abbiamo dovuto vincere forti resistenze da parte di alcune Istituzioni che, con l’apposizione della targa, sono costrette a fare i conti con un passato che ha “giocato” sul destino e sulle vite di cittadini ebrei italiani e stranieri.
Capirete che si tratta, da parte nostra, di affrontare un lavoro nel lavoro: al di là della buona fede dei nostri interlocutori, spesso – cosa ancora più grave – dobbiamo affrontare la mancanza di senso e verità storica; relativizzazione e superficialità concorrono a trattare certi temi nello stesso modo in cui si affronta una campagna elettorale, andando avanti per slogan. O, nel caso peggiore, assecondando un pregiudizio. E’ evidente che non è il modo corretto e il nostro ruolo pubblico è quello di contrastare questo atteggiamento, agendo perché le cose vengano affrontate in maniera congrua.
Segnaliamo altresì il supporto e i messaggi confortanti che ci sono arrivati in Comunità. Sono arrivati alla nostra mail o per le vie brevi messaggi di sostegno alla nostra posizione sia di cittadini comuni sia, a titolo personale, di docenti universitari.
La targa, come detto, ha trovato il suo posto presso La Sapienza e porta la seguente dicitura: “L’Università di Pisa, la Scuola Normale Superiore, la Scuola Superiore Sant’Anna, insieme con la Città di Pisa, ricordano alla comunità scientifica e alla cittadinanza tutta la vergogna delle leggi razziali che, nel silenzio di troppi, sottrassero irrimediabilmente ebree ed ebrei agli studi, alla docenza, alla ricerca”.
Indubbiamente questo testo avrebbe potuto essere ulteriormente affinato: infatti una parola può risultare più idonea e opportuna di un’altra per far capire la gravità e le responsabilità delle Istituzioni stesse che all’epoca abbracciarono, alcune perfino con “entusiasmo”, la legislazione razziale. Siamo certi del disagio dei redattori nell’elaborare questo testo e nel fare i conti con il passato, praticamente mai affrontato sinora. Quello che tuttavia per noi conta, per dovere e principio data la significatività della targa, è non cedere sulle motivazioni basilari della questione. Riteniamo che la nostra presa di posizione risoluta sia stata anche inaspettata: ne andava della nostra dignità e del rispetto dei nostri fratelli che hanno vissuto sulla propria pelle le leggi razziali, con tutto ciò che ne è conseguito. Abbiamo dovuto scardinare resistenze inerenti sia l’ubicazione che la stessa apposizione della targa, sia regolamenti e/o consuetudini che ne “impedivano” l’apposizione, ma alla fine crediamo di aver raggiunto l’obiettivo di una giustizia storica, soprattutto in un periodo come quello attuale in cui si sta rinegoziando e revisionando un po’ tutto.
Fatta questa digressione, riprendiamo il filo del racconto del Giorno della Memoria.
Il terzo tempo ha avuto luogo nel primo pomeriggio, in modo da non sovrapporsi con lo Shabbat entrante.
Presso la prestigiosa Scuola Normale Superiore lo scrittore Abraham Yehoshua è stato insignito del Diploma di Perfezionamento honoris causa in Letteratura Contemporanea. A consegnargli l’onorificenza è stato il Direttore, Prof. Fabio Beltram, mentre la laudatio è stata affidata al Prof. Davide Conrieri. Yehoshua ha colto l’occasione di questo riconoscimento per tenere una lectio magistralis sul tema del ricordo, su come la memoria sia strumento di riflessione e conoscenza, su cosa sia stata la Shoà e cosa questa abbia significato sia per gli ebrei sia per i non ebrei. La lezione si è svolta in inglese, ma tutti i presenti hanno seguito con facilità l’argomentare dello scrittore, che si è rivelato anche un prezioso affabulatore. La sala che ha ospitato l’evento era piena e molte altre persone hanno seguito la lezione su uno schermo posto in un’aula adiacente.
Beltram (che ha salutato pubblicamente il Presidente della nostra Comunità, Guido Cava, ricordando che ha vissuto le leggi razziali in prima persona) si è speso molto per questo riconoscimento e a lui va il merito per aver celebrato il Giorno della Memoria in maniera per niente retorica affrontando temi cruciali e sentiti da molti.
Gli argomenti trattati sono stati molti, altrettanti i motivi di riflessione che non devono esaurirsi solo nelle ventiquattrore di ogni 27 Gennaio.
Yehoshua individua una grande responsabilità, un compito che è obbligo verso noi stessi, ma anche di ciascuno verso tutti: “Pur caricandoci di un grande peso l’Olocausto ci pone di fronte a sfide chiare e come figli delle vittime, ci incombe l’obbligo di enunciare al mondo alcuni insegnamenti fondamentali, a cominciare dalla profonda repulsione per il razzismo e per il nazionalismo”.
Ha proseguito sottolineando che “abbiamo visto sulle nostri carni il prezzo del razzismo e del nazionalismo estremisti, e perciò dobbiamo respingere queste manifestazioni non solo per quanto riguarda il passato e noi stessi, ma per ogni luogo e ogni popolo. Dobbiamo portare la bandiera dell’opposizione al razzismo in tutte le sue forme e manifestazioni. Il nazismo non é una manifestazione solamente tedesca ma più generalmente umana, di fronte a cui nessun popolo è immune”.
Secondo Yehoshua il XX Secolo porta numerosi esempi a dimostrare questo: “Gli orrori presenti non hanno toccato i vertici della seconda guerra mondiale, ma gli avvenimenti del Biafra, del Bangladesh o della Cambogia non sono poi così lontani dalla violenza del massacro nazista. E allora, noi, in quanto vittime del microbo nazista, dobbiamo essere portatori degli anticorpi di questa malattia tremenda, da cui ogni popolo può essere affetto. E in quanto portatori di anticorpi dobbiamo anzitutto curare il rapporto con noi stessi”.
Vi è un rischio, cadendo nel quale il danno sarà immane: l’indifferenza al male. Lo scrittore ha detto: “Poiché dietro di noi c’é una sofferenza così terribile, potremmo essere indifferenti a ogni sofferenza meno violenta della nostra. Come alfieri dell’antinazismo dobbiamo acuire la nostra sensibilità, perché dobbiamo ricordarci che il fatto di essere stati vittime non è sufficiente per conferirci uno status morale. La vittima non diventa morale in quanto vittima. L’Olocausto, al di là delle azioni turpi nei nostri confronti, non ci ha dato un diploma di eterna rettitudine. Ha reso immorali gli assassini, ma non ha reso morali le vittime. Per essere morale bisogna compiere degli atti morali. E per questo affrontiamo gli esami quotidiani”.
Yehoshua si è dimostrato persona molto disponibile. Si è intrattenuto, già fin dalla mattina, non solo con le autorità e con i membri della Comunità, ma ha chiacchierato con studenti e cittadini che avevano assistito ai suoi interventi. L’interesse è stato molto elevato, l’attenzione particolarmente viva.
Teniamo a ricordare che durante il mese di Gennaio presso la Procura della Repubblica ha avuto luogo la mostra “Avvocati senza diritti” organizzata dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Pisa con la collaborazione del Consiglio Nazionale Forense, a cura dell’Avv. Lucia Vergine. E’ stato un lavoro meticoloso e fatto con molto scrupolo, grazie alla volontà tenace del Presidente dell’Ordine, Avv. Rosa Capria. Ovviamente abbiamo visitato la mostra, constatando così la grande onestà intellettuale profusa nella ricostruzione storica. La mostra racconta, documenti alla mano, l’espulsione degli avvocati ebrei pisani dall’Ordine; non ultimo quella del nostro Rabbino dell’epoca, Augusto Hasdà (deportato ad Auschwitz con la moglie Bettina Segre). Questa mostra fa seguito alla pubblicazione del volume “Le leggi razziali e gli avvocati italiani. Uno sguardo in provincia” a cura di David Cerri (ed. Plus/Pisa University Press, 2009), che con il contributo di storici e avvocati ricostruisce il tormentato periodo delle leggi razziali. “Avvocati senza diritti” è stato un lavoro scomodo e coraggioso, perché ha fatto uscire dall’armadio senza reticenze o omertà nomi e cognomi, nero su bianco. L’Ordine ha fatto i conti col proprio passato, senza ipocrisie, non per lavarsi la coscienza di fronte alla collettività ma per un convincimento che nasce da un dovere di onestà.
Non ultima, vogliamo ricordare Carlotta Ferrara degli Uberti, che presso la Domus Mazziniana ha presentato il suo libro “Fare gli ebrei italiani. Autorappresentazione di una minoranza (1861-1918)” (ed. Il Mulino, 2012), alla presenza degli storici Michele Luzzati e Pietro Finelli e di un pubblico interessato e partecipe. Il volume, che racconta il concetto di identità ebraica nella costruenda Italia e nei decenni successivi, si inserisce nell’ambito del Giorno della Memoria perché aiuta anche a capire quanto le rappresentazioni non particolarmente positive degli ebrei circolanti nella cultura dell’epoca abbiano alimentato il “sentire medio” assai poco edificante degli italiani non ebrei durante le leggi razziali e le persecuzioni.
A chiusura, sempre presso la Domus Mazziniana, il concerto/incontro di Piero Nissim “Trecentosessantacinque! Tutti i giorni della memoria”, un titolo che spiega già tutto, incentrato sull’attualità del ricordare fra canti yiddish ed ebraici, appunti di famiglia e poesie della legalità.
Anna Deutsch