Moshè…

All’inizio della parashà di questa settimana Dio chiama Moshè peché entri nel Mishkàn. Il libro di Shemòt si conclude con la costruzione del Santuario ad opera di Moshè ma Moshè attende di essere chiamato prima di entrare nel Mishkàn. L’atteggiamento di Moshè è di estrema umiltà: proprio lui che ha costruito il Santuario si sente come qualsiasi membro del popolo ebraico e aspetta di avere il permesso di entrare nel Mishkàn. Credo che quest’atteggiamento sia un importante insegnamento per la nostra vita comunitaria. Un noto rabbino romano, un mio Maestro, il morè Nello Pavoncello usava dire che in comunità c’era un esercito di generali. Le comunità, invece, hanno bisogno di molti soldati semplici che vivano quotidianamente e umilmente la vita comunitaria, che vadano al tempio, che frequentino la scuola, che si occupino dei problemi quotidiani delle comunità. Ma ci possono essere soldati semplici solo se anche i generali si sentono soldati semplici.

Alfonso Arbib, rabbino capo di Milano