Qui Milano – I giovani, il futuro

Quando si parla di giovani, i problemi da affrontare non mancano. Forse perché quello più grande sta a monte: come si fa a definire cos’è la goventù? La letteratura ebraica, attraverso l’uso di vari termini per indicare questo concetto, la identifica come un periodo pieno di travagli legati alle scelte di vita che si devono compiere. Questa la risposta di Rav Roberto Della Rocca, direttore del Dipartimento educazione e cultura dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, intervenuto ieri pomeriggio a Milano al dibattito “Un secolo di gioventù ebraica in Italia”, organizzato dalla Comunità ebraica di Milano e dall’Associazione di cultura ebraica Hans Jonas, per presentare la ricerca sui giovani ebrei italiani condotta da quest’ultima. Gli altri protagonisti: Cobi Benatoff, che da presidente dell’European Council of Jewish Communities sostenne la nasciata di Hans Jonas, Saul Meghnagi, direttore scientifico dell’associazione e curatore della ricerca, Tobia Zevi, presidente di Hans Jonas e David Piazza, consigliere della Comunità ebraica di Milano. A moderare il dibattito, davanti a un pubblico con molti giovani e rappresentanti dei movimenti giovanili, il consigliere della Comunità e membro del consiglio direttivo di Hans Jonas Simone Mortara. Senza dimenticare che se i giovani rappresentano il futuro dell’ebraismo italiano, i loro problemi sono anche quelli delle comunità, come sottolineato dai vari interventi, a partire da quello di rav Della Rocca, che ha posto in modo forte la domanda se il modello di istituzione comunitaria esistente oggi sia quello più appropriato in prospettiva futura.
“Cittadini del mondo, un po’ preoccupati. Una ricerca sui giovani ebrei italiani” (la Giuntina, 2011) il titolo dello studio promosso da Hans Jonas. Cittadini del mondo, perché i giovani ebrei italiani sono forti e coraggiosi, non hanno paura di viaggiare, studiare all’estero, confrontarsi con il diverso. Un po’ preoccupati però, e non solo per il loro stesso futuro, che appare loro abbastanza incerto, come d’altra parte emerge dai dibattiti che fioriscono anche al di fuori del mondo ebraico: c’è timore anche per il futuro dell’ebraismo italiano e delle comunità ebraiche, legato anche alla consapevolezza che l’antisemitismo esiste e cresce.
Una contraddizione? Probabilmente no. Anzi, forse le due cose sono più legate di quanto non sembri: nel momento in cui ci si trova a non avere certezze, nel presente e ancor meno proiettate nel futuro, l’unico punto fermo sembra rimanere la propria identità religiosa. E in virtù di questo è possibile spiegare alcuni dati emersi dalla ricerca: la grandissima importanza attribuita dai giovani non solo a Israele, ma anche alla presenza delle Comunità ebraiche sia sul territorio italiano, sia in eventuali mete estere di trasferimento per motivi di studio o lavoro, un atteggiamento di generale diffidenza nei confronti dell’ebraismo riformato, la tendenza a evitare il matrimonio misto. E in questa chiave si può spiegare anche la massiccia adesione ai movimenti giovanili: è stato evidenziato come essi siano la culla dei futuri rabbini e leader comunitari, che al loro interno acquisiscono molte delle conoscenze di cui si serviranno nello svolgere queste funzioni. Ed è proprio per questo bisogno di rafforzare la propria identità religiosa che, quando ormai diciottenni i giovani devono abbandonare l’Hashomer Hatzair o il Benè Akiva, somigliano un po’ a pecorelle smarrite. E se è vero, come è stato sottolineato, che non esistono movimenti equivalenti per i più grandi, nei quali sia richiesto un impegno così quotidiano, il successo delle iniziative di associazioni come l’Ugei è grande. Perché mentre infiamma questo dibattito metacomunitario, che è sempre utile e sano alimentare, i giovani ebrei si riuniscono proprio a Milano in occasione del weekend di Purim organizzato dall’Unione Giovani Ebrei d’Italia con Efes2. Un modo per non smettere di vivere il proprio ebraismo con fierezza e gioia, nonostante i tragici eventi delle ultime settimane, che costituisce una possibile risposta pratica e concreta a tutti questi problemi e a queste preoccupazioni. E allora forse Lorenzo il Magnifico aveva proprio colto questo spirito: “Quant’è bella giovinezza, che si fugge tuttavia! Chi vuol esser lieto sia, del doman non c’è certezza”.

Francesca Matalon