Primo Levi, scrittura e testimonianza
A 25 anni dalla morte un simposio di straordinario valore e significato rende in queste ore omaggio alla figura di Primo Levi. Chiamati a portare un contributo ai lavori in ricordo del grande intellettuale ebreo torinese, che si sono aperti questa mattina alla Casa delle Letterature e che proseguiranno lungo un serrato calendario di appuntamenti fino a venerdì pomeriggio, molti intellettuali, accademici e ricercatori di fama internazionale. I lavori si svolgono sotto l’egida dal Master internazionale di II livello in didattica della Shoah dell’Università Roma Tre, che è protagonista dell’organizzazione in collaborazione con Europa Ricerca Onlus e con i patrocini del Ministero dell’Istruzione Università e Ricerca, del Comitato di Coordinamento per le Celebrazioni in Ricordo della Shoah della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. Ad aprire idealmente le celebrazioni era stata la presentazione, ieri sera a Torino, di una nuova edizione di Se questo è un uomo (ed. Einaudi) a cura di Alberto Cavaglion. Ed è proprio dall’opera più nota di Levi che sono scaturite le riflessioni di David Meghnagi, alla guida del Master e direttore scientifico del simposio, che ha inaugurato il convegno con un intervento dal titolo Le parole per dire – Trauma e scrittura nell’opera di Primo Levi.
“Per molti anni – spiegava Meghnagi – è sfuggito ai più che Se questo è un uomo, oltre a essere un grande atto di testimonianza fondato sulla verità e documentato in ogni aspetto, è anche un trattato filosofico antropologico su un’esperienza estrema che fa di Levi un sociologo e uno psicologo del Lager, e del suo lavoro un’opera di letteratura fra le più grandi del Novecento”. Uno scritto di immenso valore oggi riconosciuto da molti come tale che ebbe però, soprattutto all’inizio, un percorso travagliato e irto di insidie da affrontare per arrivare a una sua più estesa e adeguata comprensione. La rimozione del valore letterario di Se questo è un uomo, insiste il professore, può essere considerata un sintomo proprio della difficoltà a fare i conti con i problemi che Levi solleva. “L’opera – sottolinea Meghnagi – ha atteso infatti un decennio prima di essere accolta, rifiutata dai grandi editori e pubblicata in sordina prima di arrivare al grande pubblico ed essere comunque circoscritta al suo valore di testimonianza. Altri cinque anni ci sono voluti, fino all’uscita de La tregua, perché autorevoli critici si levassero per dire che ci si trovava davanti a un vero scrittore. Ma scrittore, Levi lo era già stato con la sua prima opera, testimoniando e raccontando la verità”.
Protagonisti della prima sessione di interventi, oltre al professor Meghnagi, anche Teresa Carratelli, Liliana Ruth Feierstein, Mirona Ioanoviciu, Dante Della Terza e Alessandra Chiappano, le cui relazioni sono state introdotte da Renato Cipriani, direttore del dipartimento Scienza dell’Educazione dell’Università Roma Tre. Dopo la pausa pranzo i lavori riprenderanno con le parole della direttrice della Casa delle Letterature Maria Ida Gaeta, di Furio Terra Abrami (La dotazione libraria di e su Primo Levi) e Marzia Luppi (Immagini dal silenzio-mostra multimediale) e infine con l’omaggio a Primo Levi delle scuole romane. Un abbraccio ideale, un commosso ricordo che è patrimonio di tutti. “Nella riflessione di uomini come Primo Levi sulle tragedie del Novecento – si legge in una lettera inviata agli organizzatori dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano – ha le sue radici la costruzione di un’Europa fin d’ora modello di un progetto istituzionale capace di assicurare la pacifica convivenza tra popoli per secoli nemici. Possa, la parola di Primo Levi, non essere mai dimenticata”.