Dialogo – Quei temi difficili che sono ancora un tabù
La crisi finanziaria, i possibili cambi di rotta per uscire dal tunnel, il ruolo delle comunità religiose per una società più equa sono stati alcuni tra i punti toccati dalla Commissione bilaterale tra la Santa Sede e il Rabbinato israeliano riunitasi negli scorsi giorni in Vaticano. A capo della delegazione israeliana Rabbi Shear Yashuv Cohen (nella foto in un recente incontro con papa Benedetto XVI), già rabbino capo di Haifa, mentre era chiamato a guidare la rappresentanza pontifica il cardinale Peter Tuckson, attuale presidente del consiglio della giustizia e della pace. Molti gli ospiti autorevoli che hanno preso parte ai lavori: tra gli altri Ettore Gotti Tedeschi, presidente dell’Istituto per le Opere di Religione, che è intervenuto con un contributo sulle cause della crisi e sulle sue possibili soluzioni. A chiudere tre intensi giorni di riflessione un comunicato congiunto, che riepiloga i vari punti sollevati lasciando emergere non pochi punti di contatto sull’approccio a queste delicatissime tematiche: su tutti il comune riconoscimento della centralità del rispetto della dignità dell’uomo, quell’uomo “fatto a immagine e somiglianza di D.O” e che deve affermare se stesso non nell’egoismo quanto in una rete comportamentale etica di relazioni e scambi.
L’iniziativa, l’ultima di una serie di incontri, non sembra però convincere più di tanto Sergio Minerbi, diplomatico e già ambasciatore di Israele a Bruxelles, che non ritiene sia giusto attribuire eccessiva importanza a eventi di questo tipo. “C’è un vizio di origine – afferma – e cioè che ambo le parti accettano di evitare gli argomenti scabrosi, quelli che forse impedirebbero un comunicato comune ma potrebbero chiarire in cosa consiste il dissenso e forse anche indicare come superarlo”. Fra le questioni da evitare a ogni costo, chiosa il diplomatico, ci sarebbero prima di tutto le relazioni (“ancora tese”) fra Santa Sede e Stato ebraico. Minerbi parla quindi del tema scelto come di un tema volutamente ‘parve’, né carne né pesce, e che non porta conseguentemente da nessuna parte. “E’ giusto evitare di offendere l’altra parte – la sua considerazione – ma non è ammissibile che gli israeliani partecipino per tre giorni consecutivi a una riunione di così alto livello senza nemmeno sfiorare il problema dell’atteggiamento costantemente negativo del Vaticano nei confronti dello Stato di cui sono cittadini”.
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