Qui Venezia – “L’orgoglio, miglior reazione”

La vita pubblica italiana ha assistito nelle ultime settimane a una ricomparsa di manifestazioni – in parte solo verbali, ma in parte anche violente – di razzismo e antisemitismo; ritengo che siamo in presenza tanto di atteggiamenti personali quanto di possibili organizzazioni che tengono ad aumentare la tensione e la avversione per gruppi di minoranza, come gli ebrei ma non solo, creando non solo la falsa indicazione di una ossessiva ricerca di capri espiatori per le situazioni di crisi che ci colpiscono, ma piuttosto una tensione crescente che possa costituire in un futuro più o meno vicino la cornice nella quale favorire irresponsabili azioni discriminatorie o anche solamente minacciose.
Reagire a questa situazione è necessario, opportuno, di stretta attualità o è preferibile astenersi dal fornire una cassa di risonanza a questi fenomeni? Questa domanda va rivolta al tempo stesso a ebrei e a non ebrei, ai singoli individui come alle strutture della società, alle sue istituzioni, alle sue associazioni.
L’esperienza del passato ci insegna che non si ottiene mai alcuna prevenzione astenendosi da assumere posizioni chiare. Indubbiamente anche l’inverso non è una garanzia e tuttavia bisogna ricordare che se è vero che durante la seconda guerra mondiale gli ebrei, gli zingari e altre minoranze hanno pagato un debito di sangue fuori dal comune, è anche vero che non sono stati gli unici ad essere colpiti dalla furia nazifascista.
Ne deriva ancora una volta il principio che razzismo e xenofobia sono certo una minaccia per i diretti interessati, ma non solo; una società giusta e civile non può essere che quella nella quale la maggioranza si rende garante per i diritti umani, culturali, esistenziali, delle sue minoranze.
Mentre non bisogna lasciarsi andare a reazioni esasperate va ribadita la necessità di isolare le forze eversive e razzistiche prima che possano consolidarsi e avere seguito nell’opinione pubblica. In modo particolare credo vada curata una paziente opera educativa delle nuove generazioni che spesso non sono neppure informate degli orribili fatti avvenuti in un recentissimo passato.
Lettere anonime, scritte incitanti all’odio, liste di proscrizione, azioni violente contro scolari e contro docenti devono essere un’occasione non solo per parole di biasimo e di solidarietà, ma soprattutto per iniziative culturali che facciano capire ai malintenzionati che le organizzazioni, le istituzioni educative e formative, le rappresentanze sociali e politiche, intendono fare da barriera contro qualsiasi nostalgia del passato recente.
Ai nostri fratelli delle comunità ebraiche, oggi più che mai, rivolgo un fraterno appello perché siano consapevoli che coloro che fomentano l’odio non attenderanno mai nostre prese di posizione per promuovere una campagna antisemitica e pertanto la reazione più produttiva da parte nostra può essere soltanto quella di esprimere il nostro fermo orgoglio di appartenere alla tradizione ebraica anche qui in Europa e di voler essere cittadini dei paesi dove viviamo contribuendo con i nostri valori, a voce alta, al progresso dell’intera società.

Amos Luzzatto, presidente della Comunità ebraica di Venezia