Calcio – Una favola a lieto fine
Una narrazione così anche il più fantasioso degli sceneggiatori avrebbe fatto fatica a immaginarla. Aprile 2001: un piccolo club di periferia appena nato lotta per ritagliarsi uno spazio da protagonista in quarta divisione. Gli incontri si disputano su campi spelacchiati; sugli spalti parenti, amici e qualche sparuto gruppo di sostenitori. Aprile 2012: quella stessa compagine vince (anzi, stravince) il suo primo titolo nazionale con cinque giornate di anticipo grazie a una marcia trionfale scandita da diciannove affermazioni, dieci pareggi e tre sole sconfitte in 32 gare complessive. Da ieri sera, 20.38 ora locale, Israele ha un nuovo re David da celebrare che non tira di fionda, ma che preferisce giocare (oltretutto molto bene) a pallone. Si chiama Hapoel Kyriat Shmona e il capolavoro che ha portato a compimento in quel preciso istante, complice il pareggio casalingo a reti bianche coi secondi della classe dell’Hapoel Tel Aviv, non ha eguali nella storia dello sport. Anche perché rincorrere una sfera a scacchi sotto la minaccia costante dei razzi più volte lanciati in questi anni dagli Hezbollah verso Kiryat Shmona, estrema propaggine settentrionale dello Stato ebraico, non è propriamente cosa da tutti. In queste ore di euforia la gratitudine di molti tifosi va quindi a Izzy Sheratsky, noto uomo d’affari di Tel Aviv che all’alba del terzo millennio aveva pensato bene di rispondere al terrore libanese aggregando persone accomunate dalla medesima precarietà esistenziale e offrendo loro, attraverso una squadra di calcio inventata praticamente dal nulla, una possibilità di svago che tenesse lontani i brutti pensieri del fuoco nemico.
Nel calcio dei soliti noti la vittoria dei ragazzi guidati da mister Ran Ben Shimon, allenatore con la valigia in mano (col presidente non è stato trovato l’accordo per il rinnovo del contratto, al suo posto arriverà presto il collega Gil Landau), ha il sapore della rivoluzione del coraggio, dell’entusiasmo e delle idee. Un gruppo di atleti semisconosciuti, un impianto da appena 5300 posti a sedere, un palmares pressoché intonso. Ma allo stesso tempo anche tanta voglia di dimostrare che il quarto e il terzo posto ottenuti nel recente passato, al netto di una malinconica retrocessione in ultima posizione solitaria alcune stagioni fa, non sono episodi casuali. L’inizio di campionato è altalenante. Esordio con vittoria sul campo dell’Hapoel Haifa (0-1), seguito a ruota da un brusco stop casalingo (1-3) col Maccabi Netanya che non lascia certo immaginare vicini orizzonti di gloria. Poi, dalla terza alla 27esima giornata, ecco innestato il diesel: 25 risultati utili consecutivi e, complice anche il contemporaneo rallentamento delle ‘big’ – sul banco degli imputati soprattutto Hapoel Tel Aviv e Maccabi Haifa, quest’anno ben al di sotto delle loro possibilità – la forbice tra Kiryat Shmona, che passa in testa al 15esimo turno, e il gruppetto delle inseguitrici gradualmente si allarga fino a diventare incolmabile. E non è tutto: a fine gennaio, quando le cose prendono una certa piega ma pronunciare la parola scudetto sembra ancora prematuro, ecco l’aperitivo che lascia presagire l’alloro massimo: la vittoria della Coppa Nazionale ai danni ancora dei rossi di Tel Aviv, che escono sconfitti ai rigori dopo una lunga battaglia nei tempi regolamentari conclusasi con una nulla di fatto.
Ieri sera al triplice fischio finale, sugli spalti dell’Ironi Stadium, i volti di migliaia di supporter erano stravolti dall’emozione e rigati dalle lacrime. C’era chi tirava pizzicotti al vicino di sedia per capire se quello che stava vivendo fosse realtà o soltanto un inebriante sogno di primavera. I giocatori stessi, pur da tempo consapevoli della relativa vicinanza del traguardo, sembravano quasi increduli. Smaltiti i festeggiamenti d’obbligo, nei prossimi giorni ci sarà modo di fare mente locale su quanto avvenuto e di pregustare un futuro europeo ad alto tasso di effervescenza. La conquista del titolo proietta infatti l’Hapoel di Kiryat Shmona ai preliminari di Champions League con la concreta possibilità, una volta superata la fase eliminatoria, di ospitare sul proprio terreno la crema del calcio europeo. D’altronde Sheratsky era stato chiaro fin dal primissimo giorno quando, parola del general manager Yossi Edri, si era presentato ad atleti e staff annunciando il duplice obiettivo da cogliere nel giro di alcune stagioni: “titolo e qualificazione alla Champions”. Molti tra i presenti si erano guardati attorno chiedendosi se quell’uomo stesse a posto col cervello. Oggi un pazzo visionario è l’uomo più felice di Israele.
Adam Smulevich – twitter@asmulevichmoked