omer…

In base a quanto prescritto dalla Torah (Levitico 23 ,15-16) si contano per sette settimane, tutte le sere, i giorni che vanno dal secondo giorno di Pesach (16 Nissan) fino alla vigilia di Shavu’oth (5 Sivan). Questo periodo è detto dell’ Òmer, perché nel primo giorno di esso si incominciava ad offrire, nel Santuario di Gerusalemme, una misura del nuovo orzo, detta appunto Òmer. In ricordo di ciò i nostri Maestri hanno stabilito che tali giorni vengano ricordati con un computo progressivo fino alla festa di Shavu’oth. Questo periodo ricorda anche le sette settimane di preparazione dei figli d’Israele tra la Yetziat-Mitzraim – l’uscita dall’Egitto ed il Mattan Torah – il dono della Torah. L’obbligo di contare l’Òmer è sancito nel Trattato Talmudico di Menachoth 65b, ma la benedizione compare solamente nei formulari del tardo Medioevo. Questo periodo, originariamente, era caratterizzato da eventi lieti, ma dopo la morte, nel periodo romano, dei 24mila studenti di Rabbì Akivà, esso è accompagnato da un’atmosfera di tristezza e lutto. Conformemente al pensiero kabalistico ogni giorno, di queste sette settimane, viene messo in relazione con una delle sette Sephirot (Ipostasi o Attributi Divini) e a riflessioni mistiche sui nomi divini, i quali, combinati fra loro, costituiscono 49 connotazioni spirituali che in questo periodo debbono essere risvegliate. Così come, secondo la tradizione, i figli d’Israele risalirono i 49 livelli d’impurità nei quali erano precipitati durante la loro permanenza in terra d’Egitto, noi compiendo questo computo risaliamo nei 49 livelli.

David Sciunnach, rabbino