Memoria, incomprensione

Potrebbe non essere stato soppesato cosa abbia condotto alla morte Primo Levi, se lo schianto della solitaria sopportazione o l’impossibilità di capire chi fosse il corpo che lo portava in giro e che si ruppe ai piedi delle scale. Perché la memoria va condivisa e non la poté condividere, perché la memoria non è una religione a parte da onorare con personali dei; chiede di essere continuamente tradotta, e non adorata, quasi che uno si sia perso per strada a causa di un tortuoso viaggio, abbia dimenticato quanto doveva fare e onori l’offerta sull’altare invece che Dio a cui l’offerta è rivolta. No, deve essere così: che la memoria vuole essere continuamente tradotta per essere compresa oggi; che al tempo stesso impone di essere continuamente perduta, e allora va disattesa per essere ritrovata, alimentata e ricostruita finché vibra, e per un giorno solamente quella è la memoria. Se invece un uomo finisce per essere uno che erroneamente ama solo la memoria, e non la vita contenuta nella memoria, se un uomo crede che solo la memoria, lo statico ricordo, lo possa amare, questo uomo e questo popolo diventano soli in un incompreso dolore – si spaccano in milioni di pezzi.

Il Tizio della Sera