Davar Acher – La percezione dell’antisemitismo

Quando compaiono i dati sulla permanenza dell’antisemitismo in Europa (per esempio qui), inevitabilmente ci si interroga sulle ragioni del fenomeno, qualcuno accenna a cause sociali (“nei tempi di crisi economica aumenta l’intolleranza”), molti accostano impropriamente l’antisemitismo col razzismo e magari con l’”islamofobia” – qualunque cosa significhi questa parola – e inevitabilmente si discute e si fanno ipotesi varie. Ma per lo più non si bada al fatto elementare che l’antisemitismo è un’ideologia e che essa per diffondersi dev’essere legittimata da autorità culturali e giuridiche e dev’essere comunicata. Dopo la provocatoria “poesia” – diciamo così – di Gunther Grass e il non poco sostegno che ha ricevuto sulla stampa di sinistra (in particolare su Europa, sul Manifesto, per esempio Giorgio Foti sul numero del 19, sull’Unità, da ultimo e particolarmente velenoso, ieri Marco Ravelli), nei giorni scorsi vi sono stati in Italia due episodi poco diffusi dai media ma altamente significativi in questo senso. Il primo è la pubblicazione della sentenza sul caso Nirenstein/Caldarola/Vauro Senesi. Come si ricorderà, il disegnatore e militante antisraeliano Senesi in occasione delle ultime elezioni politiche aveva pubblicato sul “Manifesto” una vignetta che rappresentava Fiamma Nirenstein con i tratti ebraici tipici della pubblicistica antisemita (il nasone ecc.) e aveva accostato sul suo petto la stella di Davide con il fascio littorio e il simbolo di Forza Italia. Caldarola, insieme a molti illustri rappresentanti dell’ebraismo italiano e mondiale, aveva accusato la vignetta di antisemitismo, solo che lo aveva fatto in un pezzo satirico e surreale, in cui descrivendo una trasmissione di Santoro chiaramente inesistente, fra altre affermazioni irrealistiche come la minaccia del giornalista Ruotolo di buttarsi in una montagna di babà o Travaglio descritto come vampiro, si diceva che “Vauro non accetta di censurare la vignetta, che ha fatto tanto ridere Gino Strada, in cui chiama Fiamma Nirenstein ‘sporca ebrea’.”
Senesi, autore di satire che non ammette di essere satireggiato, aveva querelato Caldarola. Qualche mese fa si è saputo che Caldarola è stato condannato in primo grado. Ora possiamo leggere la sentenza e capire la ragione della decisione giudiziaria, che a suo tempo fece molta polemica. Il giudice accetta senza discuterle tutte le giustificazioni anche risibili di Vauro, per cui il nasone di Nirenstein non sarebbe un tratto caricaturale antisemita ma null’altro che un difetto generale dei suoi disegni (ed è facile verificare che non è vero), mentre l’intreccio dei simboli ebraici con quelli fascisti non avrebbe altro senso che segnalare l’innaturale partecipazione di Fiamma Nirenstein a una lista cui era candidata anche la nipote di Mussolini (va a vedere che il signor Senesi debba insegnare agli ebrei quel che è naturale o innaturale per loro). Inoltre al giudice il disegnatore sembra un’ottima persona perché collabora con Emergency. Anche se nella sentenza la verità esce, quando si legge che “Senesi ha precisato che le affermazioni contenute nell’articolo scritto dall’imputato lo avevano profondamente offeso in quanto convinto ANTISEMITA”. Infine la satira di Caldarola non risponderebbe ai principi di verità, interesse pubblico e “continenza formale”, mentre il giudice non si chiede affatto se la vignetta che è all’origine dell’episodio vi risponda – e certamente non lo fa. Applicando il principio della “continenza formale”, onde evitare una condanna anche per me, non mi permetto di scrivere qui quel che penso di questa sentenza. Mi limito a segnalarla come un sintomo grave di una tendenza sociale.
Il secondo episodio è stato segnalato venerdì su Avvenire. Il premio Abbiati della critica musicale per il miglior spettacolo d’Opera della scorsa stagione, che gode del patrocinio della presidenza della Repubblica, è stato assegnato al regista Graham Vick del “Mosé in Egitto” di Rossini: un lavoro che era stato duramente criticato da tutto il mondo ebraico e anche ufficialmente dall’Ucei quando era stato rappresentato nell’agosto scorso, suscitando uno scandalo. Per dire quel che ne penso non posso far meglio che riferirmi alle dichiarazioni di Lilina Segre riportate dall’”Avvenire”: “Chi ha dato il premio avrà avuto le sue ragioni – dice – ma io sono rimasta colpita soprattutto dal falso storico che si è voluto rappresentare con un messaggio antiebraico e antisionista trasversale. Aver rappresentato Mosè vestito da Bin Laden e fatto passare i bambini delle scuole ebraiche con la kippah in testa come piccoli kamikaze delle scuole del terrore, non corrisponde alla realtà. La semina dell’odio nei testi scolastici si trova altrove in paesi dove fin dall’asilo si insegna l’odio contro gli ebrei”.
Si tratta di un altro episodio molto significativo, da accostare alla sentenza del giudice di Roma e alle reazioni agli sproloqui di Grass. Cercando di esprimerci nella maniera più fredda che sia possibile, bisogna ammettere che la percezione dell’antisemitismo di qualche giudice della Repubblica, dei critici musicali italiani, di illustri collaboratori dei giornali di sinistra, di certi politici è assai lontana da quella prevalente nel mondo ebraico. Noi avvertiamo eventi come le poesie di Grass, le vignette di Vauro, le regie di Vick, non solo come profondamente offensive, ma anche come oggettivamente pericolose; come diretti interessati sappiamo che esse contribuiscono a legittimare se non proprio a provocare l’antisemitismo. Sappiamo che la Shoah è stata preceduta da campagne analoghe, in cui degli ebrei erano rappresentati come mostri pericolosi, affamatori del popolo, innaturali, violenti, assassini di bambini ecc. Comprendiamo che, nonostante ogni affermazione in contrario, non vi è differenza, già oggi nel mondo islamico e in parte anche in Europa, fra demonizzare Israele e gli ebrei. Siamo attenti alla dinamica espressa in maniera chiarissima nell’articolo di Forti citato sopra, per cui la genuflessione degli ebrei (in questo caso di Moni Ovadia) alle ragioni dei loro nemici, non è mai considerata sufficiente, gli ebrei antisionisti non sono mai abbastanza esentati dal loro odio di Israele. Guardiamo con angoscia al possibile legame fra episodi del genere di giustificazione intellettuale e politica da un lato e i fatti concreti dell’antisemitismo dall’altro, che si può già riscontrare in Francia e nei paesi nordici (dove per esempio il sindaco di Malmoe ha ripetutamente dichiarato che gli atti di violenza antisemita cui sono sistematicamente sottoposti gli ebrei della sua città sono almeno in parte colpa loro, perché non condannano abbastanza “i crimini di Israele”).
Dall’altra parte, fra intellettuali, giornalisti, critici, certi giudici, pare proprio che le ragioni per cui certi prodotti culturali ci paiono allarmanti sono considerate ragioni di valore. E’ il caso della regia di Vick, che non ha meriti particolari, a parte la trasposizione in termini contemporanei violentemente antisraeliani (e in definitiva antisemiti, come sostiene Liliana Segre): bisogna ritenere che sia stata premiata non ‘nonostante’ i suoi contenuti testualmente impropri che ci offendono, ma ‘per merito di essi’. Grass piace ai Ravelli e ai Forti non ‘nonostante’ la sua violenta deformazione dei rapporti fra Israele e Iran, ma ‘a causa di questi’. Caldarola è stato condannato e Senesi assolto, bisogna supporre, non ‘nonostante’ la chiara diffamazione che la vignetta fa della figura di Fiamma Nirenstein (che oggi è ritratta quasi negli stessi termini, con accostamenti di svastica e stella di Davide, in siti esplicitamente antisemiti, come per esempio Holywar), ma forse ‘proprio perché’ attacca lei. Dobbiamo insomma prendere atto che ciò che a buona parte del mondo ebraico appare manifestazione ripugnante di antisemitismo per almeno alcuni giudici della nostra Repubblica, per studiosi di solito attenti e pensosi come i critici musicali, per giornalisti e intellettuali di sinistra, non appare pertinente, non costituisce un elemento di valutazione negativa. Eventualmente se quello che a noi appare come antisemitismo si rivolge in primo luogo contro Israele o contro personalità fortemente impegnate nella difesa di Israele come Nirenstein, questo fatto appare loro come un merito da premiare e lodare. La sentenza contro Caldarola loda ripetutamente Vauro Senesi per il suo impegno sociale, i critici musicali hanno trovato la regia di Vick lodevole non per la sua forma (che fu giudicata da parecchi cronisti sciatta e banale), ma per i suoi tratti antiebraici; Grass è lodato per aver rotto “finalmente” il tabù tedesco del silenzio conseguente alla Shoah. L’Italia, dicono le statistiche, è un luogo ancora meno antisemita di Spagna, Polonia, Ungheria, Svezia, Norvegia. Se le cose andranno avanti così non lo resterà a lungo ancora. E’ meglio prenderne atto: anche da noi l’antisemitismo è ormai sdoganato (o almeno considerato non meritevole di condanna almeno quando si applica a ebrei vivi e non a quelli morti).

Ugo Volli