25 aprile – Conquistare ogni giorno la libertà

Anticipiamo una nota di Amos Luzzatto, presidente della Comunità ebraica di Venezia, in previsione delle celebrazioni per il 25 aprile, festa della liberazione, che nella città lagunare culmineranno con la commemorazione al monumento in ricordo della Shoah in Campo del Ghetto Nuovo.

Esistono due modi per celebrare il 25 aprile: un modo strettamente commemorativo e un modo più propriamente politico. Il modo strettamente commemorativo consiste nel riportare noi stessi e il pubblico che ci ascolta all’atmosfera del 1945: la fine della guerra, la caduta definitiva del fascismo e del nazismo che stavano dominando l’Europa, la scoperta degli enormi sacrifici subiti dalle popolazioni civili e in modo particolare il dramma della Shoah; quest’ultima presenta ancora degli aspetti per così dire sperimentali che non sono sufficientemente chiariti. Non si trattava soltanto di massacrare ebrei, Rom, Sinti, le altre minoranze e distruggerne le istituzioni culturali, ma forse soprattutto, di creare un sistema di deportazione, ossia di trasporto di masse di persone inermi in condizioni limite di sopravvivenza fino a quei campi dove in altre condizioni limite si selezionavano e si schiavizzavano gli addetti ai lavori “scartando” vecchi, bambini, malati come merce deteriorata da eliminare industrialmente e definitivamente. Questa era la tragica enorme novità che ci veniva consegnata in quel 25 aprile quando veniva istintivamente rifiutata facendo dire a tutti un convinto e sincero: “Mai più”. La parola d’ordine in quel momento era che cosa fare per ricostruire materialmente e moralmente l’Europa fornendole un’educazione, una formazione delle coscienze che indirizzasse i pubblici poteri verso obiettivi e tecniche di gestione della società radicalmente diverse da quelle che avevano generato tanti lutti.
Questo sul piano del ricordo e quindi sul piano puramente commemorativo. Se però il nostro discorso deve essere più propriamente politico, che non significa scegliere il programma di un partito o di una coalizione di partiti per farlo diventare bandiera di tutti, significa piuttosto individuare quali sono stati gli obiettivi raggiunti in questi anni, quali quelli non raggiunti e quali le minacce vecchie e nuove che possono operare per rendere vano il nostro sforzo. Vi sono due tipi di forze che possono rendere reale questa minaccia: quelle esplicite e manifeste e quelle più insinuanti le quali adoperando un linguaggio pacifico e suadente disarmano la volontà di realizzare un percorso nuovo per tutta l’Europa.
Celebrare il 25 aprile senza affrontare questa problematica potrebbe essere un vano sforzo foriero di future sorprese e delusioni. Il mondo è percorso da nuove minacce che provengono da nuovi armamenti rispetto ai quali impallidiscono quelli, pur terribili, impiegati nel secondo conflitto mondiale. Le guerre che si sono svolte e che si svolgono in territori distanti l’uno dall’altro con massacri di popolazioni civili, possono essere viste come vere e proprie sperimentazioni per capire fin dove può arrivare la resistenza umana e fin dove può trionfare la violenza contando sulla debolezza delle risposte o sull’egoismo con il quale si guarda alle distruzioni in Africa, Asia, America Latina, in territori che al momento possono sembrare lontani e non toccare le nostre persone.
Si ripete lo stato d’animo con il quale ci si domandava in Francia se valeva la pena – morire per Danzica -, quello stesso stato d’animo che alla fine ha portato proprio a morire per Danzica, per Varsavia, per Guernica. Su questo terreno di silenzi e di indifferenza nascono nel frattempo nuove forze pericolose che si chiamano con i nomi di negazionismo, revisionismo, ma anche di razzismo e xenofobia. Adottare una linea politica nei confronti di questi rinnovati pericoli significa rifiutare il silenzio, individuarne lo sviluppo e le cause, contrastarne la crescita con una profonda educazione alla democrazia e alla costruzione di una comune cultura.
Una definizione sulla quale insisto spesso e che riguarda l’essenza della democrazia: non basta la libertà di stampa, non basta la libertà di voto, non basta la libertà di parola, ma è necessario il convincimento che la democrazia richieda l’acquisizione da parte delle maggioranze del proprio dovere di difendere i diritti delle proprie minoranze.
Questa deve essere la parola d’ordine del 25 aprile e questa deve essere la scelta della nostra politica.

Amos Luzzatto, presidente della Comunità ebraica di Venezia