La memoria dei luoghi

Interessante iniziativa nella circoscrizione 8 di Torino domenica scorsa in vista del 25 aprile: quattro “percorsi della memoria” in luoghi significativi, guidati da insegnanti e alunni delle scuole locali, che hanno allestito per l’occasione anche mostre, spettacoli, concerti: tra questi luoghi la sinagoga, con il coinvolgimento dei ragazzi della scuola ebraica; poi la stazione Porta Nuova da cui partivano i treni dei deportati, la caserma Lamarmora, luogo di tortura e sopraffazione, e infine le vicende di una fabbrica per raccontare il coinvolgimento della classe operaia nella lotta di Liberazione: gli scioperi, l’occupazione nell’aprile ’45, una stamperia clandestina nei paraggi. Quest’ultimo percorso mi incuriosisce particolarmente non solo perché è gestito dai miei allievi (magistralmente coordinati dalla collega di storia), ma anche perché la fabbrica si trova proprio di fronte a casa mia, eppure non avevo mai avuto occasione di conoscere tutte le vicende che la riguardavano: non sempre ci rendiamo conto di quanta storia si sia svolta nei luoghi che attraversiamo pigramente tutti i giorni.
Capita anche, però, che la memoria dei luoghi giochi brutti scherzi e suggerisca accostamenti forzati: se in Val di Susa c’è stata le Resistenza non è detto che chiunque resista contro qualcuno o qualcosa (per esempio un treno) in quella valle diventi automaticamente un partigiano; eppure il 25 aprile si sono sentiti cori e slogan di questo tenore. Per fortuna la TAV è un argomento su cui gli ebrei e le Comunità ebraiche in quanto tali non hanno nulla da dire, e miracolosamente, a quanto mi risulta, nessuno ci ha tirati in ballo. Quindi mai e poi mai vorrei rompere questo magico silenzio iniziando una discussione nel merito della questione TAV sì o no (su cui non ho neppure un’opinione ben definita). Mi limito a dire che questi accostamenti forzati, queste banalizzazioni che non aiutano affatto i giovani a capire cosa è stata davvero la Resistenza, mi mettono profondamente a disagio: ignorandone volutamente il contesto storico un messaggio non diventa attuale, diventa incomprensibile. Per fortuna esistono iniziative come i “percorsi della memoria” che restituiscono ai luoghi tutto il loro spessore storico.

Anna Segre, insegnante