Maurice Sendak (1928-2012)
Illustratore di un centinaio di libri ‘per bambini’ e autore, oltre che illustratore, di un’altra ventina di testi, vincitore di numerosissimi premi, Maurice Sendak era un personaggio di forza almeno pari di quelli che popolano i suoi libri.
Aveva recentemente dichiarato: “Quando ti capita di incontrare i mostri molto presto, essi domineranno la tua vita per sempre. Se non riesci a controllarli finirai per assumere droghe, oppure chiuso in un manicomio. Se cerchi di controllarli finisci per diventare un autore di libri per bambini.” E lui è diventato uno dei più grandi, un vero Mostro sacro, definizione che forse gli sarebbe piaciuta. Certamente gli piaceva essere un personaggio, con idee molto chiare su praticamente tutto, e non erano necessariamente idee molto popolari, anzi. In effetti disse: “Non ho mai deciso che sarei diventato un autore di libri per bambini. Non ho la sensazione di voler salvare i bambini, o che la mia vita possa essere loro dedicata. Io non sono Hans Christian Andersen. Nessuno mi farà una statua da mettere in un parco con mucchi di bambini che si arrampicano sopra di me. Non se ne parla neppure!”
Nato nel 1928 a Brooklyn da una coppia di immigrati polacchi, ebrei, Maurice Sendak sicuramente non ebbe un’infanzia serena e la sua famiglia gli diede materiale in abbondanza per quella che sarebbe diventata la sua professione. Molti dei suoi libri hanno un inizio particolarmente brutale, al punto che si potrebbero individuare due temi ricorrenti: i bambini abbandonati e la perdita dei genitori. “È quello di cui ho sempre scritto. Da bambino pensavo continuamente alla morte. Ma non è una cosa che puoi raccontare ai tuoi genitori, no?”
Quando venne pubblicato il suo libro più famoso, Where the Wild Things Are (Nel paese dei mostri selvaggi, 1963), sia i suoi estimatori che i suoi detrattori iniziarono a chiamare lui Wild thing (Cosa selvaggia, tradotto in italiano come Mostro selvaggio). Fino ad allora Sendak era noto soprattutto come l’illustratore delle Storie di orsacchiotto di Else Holmelund Minarik, e l’uscita del suo libro, il primo come autore ed illustratore cambiò decisamente le cose. Non si trattava più di un cucciolo adorabile e della sua attenta mamma bensì di un quattrenne pestifero travestito da lupo che viene mandato a letto senza cena e di una ridda di mostri che piantano un putiferio pazzesco e vengono lasciati liberi, a disposizione di un pubblico di piccoli lettori.
“Un libro da non mettere in mano a bambini sensibili che potrebbero esserne negativamente influenzati” fu una delle opinioni più moderate fra quelle che seguirono l’uscita del libro. Anche altri suoi volumi furono tolti dagli scaffali perché considerati troppo spaventosi e inquietanti per i bambini (per esempio In the Night Kitchen, del 1970, fu sottoposto a censura) ma proprio questa sua capacità di dare vita ai mostri è la caratteristica che lo ha fatto amare così appassionatamente dai suoi lettori.
Maurice Sendak ha rivoluzionato l’approccio alla narrativa per ragazzi e il modo in cui i lettori vedono l’infanzia, lasciando nelle sue pagine ciò che gli altri avevano escluso. I bambini da lui raffigurati possono comportarsi male e non avere rimorsi, nei loro sogni e nei loro incubi volano in luoghi di cui nessuno immaginerebbe l’esistenza, incontrando mostri e ogni sorta di creature bizzarre.
In un’intervista rilasciata nel 93 si trova una spiegazione esaustiva: “Gli adulti hanno un bisogno disperato di sentirsi al sicuro, e proiettano questa loro necessità sui bambini. Ma quello che nessuno di noi sembra realizzare è quanto i bambini siano in gamba. A loro non piace quello che scriviamo ‘per i bambini’, quello che prepariamo apposta per loro, perché si tratta di cose insulse mentre loro cercano cose forti, concetti difficili, vogliono confrontarsi con qualcosa da cui possano imparare, non racconti didattici, vogliono racconti appassionati”.
E in un’altra intervista: “I bambini sono forti, anche se noi ce li rappresentiamo come fragili. Devono esserlo, l’infanzia non è un periodo facile, anche se noi ne abbiamo una visione sentimentale. Capiscono bene cosa è reale e cosa non lo è, capiscono le metafore e i simboli. Se i bambini sono differenti da noi, è perché sono più spontanei, mentre gli adulti negli anni si sono ricoperti di un guscio fatto di scorie”. Per chiarire definitivamente il concetto ha dichiarato: “Non scrivo per i bambini. Non scrivo per gli adulti. Scrivo e basta.”
Ada Treves – twitter @atrevesmoked