Citazioni, titoli, midrashim
Domenica scorsa la Comunità Ebraica di Torino ha ricordato Primo Levi con un incontro di studio dal titolo “Primo Levi ebreo. Come l’ebraismo ha influenzato la sua visione del mondo e la sua scrittura.” Impossibile riassumere in poche righe gli interventi assai densi e stimolanti di rav Eliahu Birnbaum, Stefano Levi Della Torre e David Meghnagi. Mi permetto solo di aggiungere una considerazione. In passato forse un convegno come questo sarebbe parso strano: il riconoscimento della cultura ebraica nelle opere di Levi è relativamente recente. Eppure parliamo di un autore che nella prima pagina del primo testo da lui pubblicato ha citato due frasi dello Shemà, e che ha dato a due dei suoi libri titoli tratti da testi della cultura ebraica (Lilit, che fa riferimento ad un midrash sulla creazione dell’uomo e della donna, e Se non ora, quando?, citazione dai Pirke’ Avot).
In effetti i riferimenti alla cultura ebraica sono molto più numerosi di quanto sembri a prima vista. Capita di imbattersi in passi come questo (tratto dal Sistema periodico), in cui la realtà stessa dell’Italia fascista è letta alla luce della tradizione ebraica: Ci radunavamo nella palestra del “Talmud Torà”, della Scuola della Legge, come orgogliosamente si chiamava la vetusta scuola elementare ebraica, e ci insegnavamo a vicenda a ritrovare nella Bibbia la giustizia e l’ingiustizia e la forza che abbatte l’ingiustizia: a riconoscere in Assuero e in Nabucodonosor i nuovi oppressori. Ma dov’era Kadosh Barukhù, “il Santo, Benedetto sia Egli”, colui che spezza le catene degli schiavi e sommerge i carri degli Egizi?
Altri riferimenti sono forse meno evidenti ma proprio per questo ancora più significativi: per esempio è curioso l’atto unico “Il sesto giorno” (in Vizio di forma), in cui un gruppo di tecnici, come in un’azienda di oggi, discute sull’opportunità di creare l’uomo e sulle caratteristiche che dovrebbe avere; alla fine tutti scoprono di essere stati scavalcati dalla “direzione”, che ha creato arbitrariamente l’uomo dalla terra. Non solo sono numerosi e puntuali i riferimenti alla Genesi (a cominciare dal titolo), ma non si può fare a meno di ricordare che la struttura stessa della vicenda ricalca un famoso midrash, in cui diversi gruppi di angeli discutono sull’opportunità di creare l’uomo e, anche in questo caso, sono poi messi di fronte al fatto compiuto. Altri spunti sono emersi dagli interventi di domenica scorsa (uno per tutti, il binomio narrazione/commento: I sommersi e i salvati come commento a Se questo è un uomo), altri probabilmente sono ancora relativamente nascosti in attesa che qualcuno li scopra.
Anna Segre, insegnante