Davar Acher – Pregio e metodo
Un tam-tam su Internet avverte che ci sarebbe una sentenza giudiziaria che assolve il prof. Claudio Moffa dall’accusa di negazionismo. In realtà non si tratta di una sentenza, ma di un provvedimento di un Pubblico Ministero, che, se ho capito bene, respingerebbe una querela dello stesso Moffa, e quindi in sostanza gli darebbe torto, ma contemporaneamente approverebbe i suoi contenuti. Non sono riuscito a procurarmi il testo integrale del provvedimento, ma solo un articolo di giornale citato sul sito dello stesso Moffa. Si tratta di un quotidiano locale (“Il centro”) che peraltro Moffa loda per il suo “coraggio” e il cui direttore compare sul sito come autore di interviste allo stesso Moffa.
Si tratta, è bene ricordarlo, di una lezione che lo stesso Moffa tenne due anni fa, il 24 settembre 2010, in apertura di un suo master sulla politica mediorientale, che fu denunciata da Repubblica come “lezioni di negazionismo”. Il mondo ebraico insorse, intervenne il Ministro della Pubblica istruzione, il Senato accademico dell’Università di Teramo chiuse il master diretto da Moffa.
Oggi, secondo quanto dice “Il centro”, il Pubblico Ministero di Pescara “ha osservato la legittimità del dibattito nel contesto della didattica universitaria. In sostanza il professor Moffa non offrì nessuna opzione ideologica e nessuna lettura alternativa dell’Olocausto ma sottolineò l’importanza di un approccio critico a qualsiasi argomento anche ‘critico’ come il tema trattato nel corso della lezione. La lezione verteva sul metodo che lo storico deve attuare nella lettura dei fatti – sostiene il pubblico ministero – un metodo che metta in dubbio le fonti e che non dia nulla per scontato proprio per evitare strumentalizzazioni politiche o ideologiche. Mettere in dubbio l’attendibilità delle fonti, tenere in considerazione la possibilità che le stesse vengano manipolate. Proprio nel contesto del “metodo” e dell’approccio critico alla storiografia si colloca la lezione che tenne il prof. Moffa, lezione ritenuta dal pm del tribunale di Pescara pregevole e ineccepibile.”
Fin qui “Il centro”: non posso dire quanto questo riassunto rispecchi effettivamente le argomentazioni del magistrato (che sono riprodotte, ma solo in piccola parte qui). Quanto questo riassunto possa poi corrispondere ai contenuti della lezione, lascio ai lettori giudicare, guardano il video molto espressivo pubblicato da Repubblica. Verrebbe comunque la tentazione di accostare questo provvedimento giudiziario alla sentenza che ha condannato Caldarola per aver messo in satira Vauro a proposito di una sua vignetta contro Fiamma Nirenstein, mostrata con i tipici tratti attribuiti dalla satira antisemita agli ebrei e sul petto un fascio littorio accostato a una stella di Davide, e di discutere sulla strada cui sembra avviata la magistratura italiana, o almeno una sua parte. Ma non è il caso di sviluppare qui questo tema, e comunque non senza aver visto l’intera sentenza.
Vale piuttosto la pena di riportare Il modo in Moffa stesso annuncia questo provvedimento e le conclusioni che ne trae in un’intervista senza autore pubblicata nella prima pagine del suo sito: “ ‘Prof, dopo l’Università ora anche un magistrato dichiara che con la sua lezione sulla shoah lei non negò l’Olocausto…’ ‘Sì, ma c’è una novità, il magistrato descrive brevemente la struttura della lezione e aggiunge che “appare pregevole e metodologicamente ineccepibile”. Non è poco. Si può discettare tra verità storica e verità giudiziaria, ma questa è ovviamente più meticolosa di quella. Comunque è vero quello che dici: chi legge e visiona la lezione, cambia parere rispetto al gossip. Chi non si documenta rischia di restare nel pregiudizio.’ ‘Ma lei è o no negazionista?’ ‘NO. Primo, il termine negazionista è stato inventato dai nemici e negatori della verità storica, più giusto è parlare di revisionisti. Secondo, molti negazionisti-revisionisti dicono cose vere, e comunque pongono questioni serie a cui certo giornalismo e certi storici ortodossi non rispondono mai. Terzo io non intendo il revisionismo come una scelta di bandiera, come delle volte sembra essere per alcuni revisionisti, ma come una potenzialità insita nel mestiere di storico. Scopro nuovi documenti, nuove prove su un determinato evento o fenomeno e dunque correggo e revisiono l’interpretazione precedente. Se no, è ovvio che mi sta bene la versione “ufficiale”. E’ chiaro del resto che la parola “revisionismo” non riguarda solo il nazismo, come si potrebbe dedurre da alcune affermazioni dei revisionisti olocaustici, ma può riguardare qualsiasi spaccato e periodo storico. Infine, io in decenni di attività non mi sono occupato solo di shoah – come ad esempio Graf, Faurisson, Mattogno e altri studiosi – e dunque non sono assolutamente appellabile come negazionista. Il che non vuol dire che i cosiddetti negazionisti non affermino cose giuste, anzi.’ “
Questa è la posizione che, a quanto pare, per il pm di Pescara “appare pregevole e metodologicamente ineccepibile”. Le espressioni di Moffa non sono sempre chiarissime, ma è chiaro che per lui “i cosiddetti negazionisti” in sostanza “dicono cose giuste”, solo che non bisogna chiamarli negazionisti, soprattutto se oltre che della Shoà si occupano d’altro, per esempio, in via del tutto ipotetica, di spiegare quanto malvagio sia Israele e quanto buono Achmadinedjad. Bisogna chiamarli “revisionisti” o magari “negazionisti-revisionisti”. Con questa nuova “appellazione” non si può negare che si tratti di posizioni “pregevoli e metodologicamente ineccepibili”. Complimenti.
Ugo Volli twitter @UgoVolli