Un mondo in piccolo

Quando si entra nel Salone del Libro si ha la sensazione di entrare in un’altra dimensione, un mondo a parte con i suoi ritmi e le sue regole. Un mondo che sembra per certi versi riprodurre in piccolo quello di fuori, non solo perché si incontrano conoscenti e amici da tutta Italia e arrivano scrittori da ogni continente, ma soprattutto perché del mondo di fuori sembra riprodurre i meccanismi: ciascuno va per la propria strada seguendo i propri interessi, cerca un editore, ascolta una presentazione o un dibattito, si mette in coda per un biglietto di accesso alla sala in cui parlerà qualche personaggio famoso, poi affronta un’altra coda per un pezzo di pizza o un caffè. Qualcuno si insegue, qualcuno si incontra, i più si ignorano. Ognuno cerca gli scrittori, gli editori e i dibattiti coerenti con i propri interessi e le proprie opinioni. Ce n’è per tutti e raramente si rischia di avere davvero a che fare con qualcuno con cui non si è d’accordo. C’è chi critica il governo mentre poco lontano da lì parla qualche ministro. In una sala qualcuno sparla di qualcun altro che magari nello stesso momento in un altro punto del salone sta sparlando di lui. Ci sono stand per tutti i gusti e tutte le tendenze, tra cui naturalmente non mancano quello filoisraeliano e quello filopalestinese. Ognuno va a sentire i discorsi coerenti con le proprie idee e si rafforza nelle proprie convinzioni. Raramente mi è capitato di sentire nel Salone discussioni davvero accese. Gli ebrei, come sempre, sono una minoranza esigua ma visibile e si fanno notare con uno strano stand che in realtà non è uno stand ma un muro imponente di copie di Pagine ebraiche che piano piano con il trascorrere dei giorni si abbassa fino a diventare un muretto. I visitatori ebrei si trovano a dover scegliere tra un evento legato alla cultura ebraica o a Israele e il proprio scrittore preferito, oppure fanno le corse per non perdere né l’uno né l’altro: i soliti problemi di identità e appartenenza? Doppia lealtà? Una volta tanto, però, non si comportano diversamente da tutti gli altri visitatori che passano magari da un dibattito sulla mafia agli assaggi di cioccolato e poi alla fantascienza. Un mosaico di identità composite che almeno nella reciproca indifferenza si lasciano vicendevolmente in pace. Se il mondo esterno fosse davvero così sarebbe già tutto sommato un passo avanti.

Anna Segre, insegnante