Yom HaTorah – “Un giorno per studiare ogni giorno”
“Dedicare una giornata allo studio della Torah può trasmettere un messaggio positivo, ma anche destare delle perplessità dal punto di vista ebraico”. Rav Roberto Della Rocca, direttore del Dipartimento educazione e cultura dell’UCEI, che si occupa dell’organizzazione dello Yom HaTorah (prima edizione dedicata a Rav Elia Samuele Artom, nella foto), spiega quale deve essere dal suo punto di vista lo spunto che un appuntamento del genere deve lanciare. Di seguito le sue considerazioni e quelle del Consigliere Ucei Settimio Pavoncello che ha organizzato l’avvenimento.
Yom HaTorah – “Una giornata di studio non è sufficiente”
Rav Della Rocca, lei dice che l’idea di uno Yom HaTorah potrebbe suscitare delle perplessità. Perché?
Dalla festività di Shavuot impariamo che lo studio della Torah non deve essere circoscritto in un tempo preciso. Shavuot infatti è l’unica festa per cui la Torah non specifica la data: sappiamo che si tratta del 6 di Sivan solo perché cade 49 giorni dopo l’inizio di Pesach. Parimenti per Shavuot non esiste una mitzvah specifica, perché lo studio della Torah non è circoscrivibile nemmeno in uno spazio preciso. Uno degli elementi distintivi dell’ebraismo è proprio l’obbligo di studiare Torah costantemente per tutti, e non solo per un’élite di intellettuali. Per questo esiste anche una berakhah specifica. Dunque sarebbe un errore pensare che l’istituzione di Yom HaTorah significhi far passare l’idea che un’unica giornata di studio sia sufficiente.
Si può spiegare in poche parole cosa significa studiare Torah nella vita del popolo ebraico?
Lo studio della Torah riassume in sé quella tensione continua che esiste tra l’antico e il nuovo, tra ripetizione e innovazione, tra tradizione e ricerca. Nella Torah, come nel mondo cui essa fa riferimento, c’è continuità, ma anche rinnovamento. Studiarla significa trovare nell’antico, o meglio, nel perenne, ciò che è assolutamente nuovo. I valori cambiano, ma senza perdersi perché il loro cambiamento è retto dal principio dell’elevarsi. Ma attenzione: il Talmud ci racconta che un giorno il nipote del grande Rabbì Jshmael andò dallo zio chiedendogli se avrebbe potuto studiare filosofia greca visto che aveva imparato tutta la Torah. Rabbì Jshmael gli rispose con un versetto del Libro di Giosuè ‘La Torah non lasci mai le tue labbra e mediterai in essa giorno e notte’ suggerendogli di trovare un tempo che non fosse né giorno né notte per la filosofia greca. Questa risposta potrebbe portarci a dedurre che non esiste un tempo per la filosofia greca, così come non esiste un’ora che non sia giorno, né notte, ma io non penso che questa sia la conclusione appropriata. Non c’è una censura della cultura greca, ma una forte indicazione di come un ebreo legge il mondo con gli occhi della Torah non relegabile negli scorci del tempo. Rabbì Jshmael voleva esortare il nipote a non considerare lo studio della Torah mai concluso. Che è una lezione che dobbiamo tenere a mente anche noi. Per conservare il domani non ci basterà aver studiato ieri.
Cosa si aspetta allora dallo Yom HaTorah?
Ci tengo a sottolineare che l’UCEI negli ultimi anni ha investito tanto sull’organizzazione della Giornata della Cultura ebraica e del Giorno della Memoria, due appuntamenti molto apprezzati e caratterizzati da una forte esposizione verso la società civile. Penso che dedicare le energie a un appuntamento che si rivolga invece agli iscritti delle nostre Comunità sia un segnale importante. Con tanti vantaggi: il fatto di stimolare lo studio presso persone che non ne conoscono l’obbligo né il piacere, la possibilità di fare attività in piccole Comunità, che hanno aderito con grande entusiasmo, e anche il fatto di studiare tutti lo stesso argomento, un elemento di grande unità.
A proposito dell’argomento, perché la scelta dell’ammonimento come tema di questa prima edizione?
Nella parashah di Kedoshim (Levitico 17:19) è scritto “Ammonisci il tuo compagno”. Questa esortazione deve combinata con la proibizione di mettere in imbarazzo il prossimo. Per insegnarci che, piuttosto che odiare chi non studia e non osserva, dobbiamo sforzarci di ammonire con saggezza. Dunque a quali condizioni è lecito ammonire il compagno che sbaglia? E chi può farlo? Ricordando sempre che l’accettazione degli ammonimenti è fondamentale per imparare, e viceversa non accettarli è sintomo di presunzione. Uno dei tanti esempi del valore socio-educativo della Torah.
Rossella Tercatin – twitter @rtercatinmoked
Yom HaTorah – “Un giorno che serve a crescere”
Un racconto chassidico narra di un ragazzo che correva disperato urlando: ho la risposta, ho la risposta, ho la risposta! Tutti gli si avvicinarono chiedendogli quale fosse il problema. La risposta fu: ” Non ho la domanda”! Siamo soliti credere che tutto è stato già detto e pensato, che la vita sia un viaggio già definito, confortati da alcune certezze che ci fanno compagnia e ci illudono di darci forza. Ma una domanda rimette tutto in discussione e, come sappiamo, ci vuole coraggio per cambiare. Avere una domanda vuol dire essere possessori di un tesoro incredibile. Vuol dire sentire un terribile bisogno di andare oltre le apparenze per cercare la verità e vivere una vita più vicina possibile alla fonte divina.
I nostri Maestri conoscono l’importanza di porsi domande. Infatti il Seder di Pesach, momento centrale nel ciclo ebraico della vita, è basato su domande. Sono i bambini a dare il via alla serata formulando domande attraverso il famoso “Ma Nishtana”, che differenza c’è tra questa sera dalle altre sere? I Saggi arrivano a dire che anche se uno fosse solo, dovrebbe porre ugualmente domande a se stesso e cercare le risposte.
Lo studio della Torah è da sempre il mezzo che il popolo ebraico ha a disposizione per scoprire i veri tesori del progetto divino. Il Talmud è l’esempio di cosa significhi porsi domande e cercare risposte continuamente. In questo spirito è stato scelto “l’ammonimento” come argomento di questa edizione di Yom ha Torah. Ammonire e essere ammoniti sono azioni che scatenano immediatamente interrogativi. Chi sono io? Che senso hanno le mie azioni? Sono così integro da potermi permettere di richiamare gli altri?
E nel caso fossimo ammoniti, quante domande ? Dove ho sbagliato? Perché non viene capito il mio modo di fare? Che posso fare per dare una percezione diversa di me stesso?
Un figlio può ammonire un genitore o un alunno il proprio maestro che sbaglia, anche se sono loro che ti hanno insegnato tutto?
In questo Yom HaTorah abbiamo tutti una grande occasione, quella di poter trasmettere ai nostri figli, studiando insieme, che non c’è niente di piu ebraico dela ricerca della verità. E la gioia più grande potrebbe essere proprio che dopo una serie di domande e risposte i nostri figli trovino il coraggio di ammonirci.
La nostra generazione deve fare di tutto affinché il ragazzo del racconto trovi la sua personale domanda. La nostra speranza è che il grande entusiasmo che si è creato intorno alla giornata dello Yom HaTorah sia un buon veicolo per cercare di essere migliori giorno dopo giorno.
Settimio Pavoncello, Consigliere dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane
Qui Napoli – La gioia di un nuovo Sèfer Torah
Quale occasione migliore per inaugurare un nuovo Sefer Torah se non Yom HaTorah? Quale momento migliore per portare genitori e figli a studiare assieme la Torah come verrà fatto a Napoli e in altre Comunità?
La scrittura del testo non è un mero strumento per comunicare: l’uomo che scrive il testo e che lo legge riversa tutto se stesso nella sua scrittura e trasforma una pergamena morta in qualcosa di vivo e “l’inchiostro si trasforma in fuoco nero e la pergamena in fuoco bianco”. Gli oggetti non hanno una sacralità in sé, ma la acquistano solo in quanto l’uomo gliela trasmette: le parole del Sèfer Torah interiore fluiscono dal mondo interiore – dal cuore dell’uomo – attraverso la sua mano, verso l’esterno – la pergamena – che le accoglie.
Secondo i Maestri, scopo della vita dell’uomo è quello di trasformarsi in un Sèfer vivente. Quando la pelle interiore dell’uomo viene lavorata, la sua personalità viene trasformata in pergamene sulle quali è possibile scrivere il Sèfer interiore, la cui santità si espande e irradia verso l’esterno, rendendo sacro tutto ciò che viene a contatto con l’uomo. Così come la pergamena deve essere accuratamente preparata per accogliere le lettere, allo stesso modo non si può insegnare la Torah a un bambino se non si è preparato in maniera adeguata il suo animo e il suo carattere. Secondo Maimonide, queste categorie possono essere applicate all’uomo in generale, con le sue caratteristiche psicofisiche e spirituali.
L’inaugurazione del Sèfer Torah è preceduta da una cerimonia che inizierà con un corteo che partirà da Piazza dei Martiri per raggiungere la Sinagoga: ballare, cantare e gioire con la Torah, con l’intenzione di studiarla, applicarla e non di raggirarla, è questo uno dei segreti della sopravvivenza ebraica.
Scialom Bahbout, rabbino capo di Napoli
Qui Venezia – Ammonizione, consigli per l’uso
Domenica mattina nei locali della Comunità ebraica di Venezia, in occasione di Yom HaTorah, si svolgerà una lezione del rabbino capo, Rav Gili Benyamin dedicata alla mitzvah della Tochachà, rimprovero. Se è vero che ogni ebreo è responsabile per un altro, quando è possibile ammonire un proprio correligionario che si comporta male per aiutarlo a redimersi? Esistono delle condizioni in cui è sconsigliato farlo, ad esempio, se si sa già in partenza che non è possibile che la persona cambi idea? Tutti possono ammonire qualcuno o solo chi ricopre un ruolo di spessore morale come il rabbino?
Due intense ore di lezione, dalle 10 alle 12 in cui Rav Benyamin esplorerà questa spinosa tematica a partire dai testi per poi calare la teoria nella vita di tutti giorni arricchendo la discussione con esempi e Midrashim.
Michael Calimani
Tutte le informazioni e gli aggiornamenti su: www.yomhatorah.it