Grandi del loro tempo

Nel 2006 mi invitarono, insieme a una delegazione del World Jewish Congress, al Senato francese per una cena di gala. Al termine della serata, già sul punto di lasciare la sala, mi fu indicato un vecchietto, Marek Edelman. Vedere in quell’uomo incanutito il simbolo della rivolta del ghetto di Varsavia mi fece uno strano effetto, che mi ha evidentemente portato a trasfigurarne i tratti somatici. Vedendo oggi l’immagine di Edelman, mi viene persino il dubbio che non fosse effettivamente lui, tanto il ricordo e l’impressione lo hanno trasformato. Può accadere con i miti. La storia è un’altra cosa, e se la si vuole conoscere occorre spogliarsi dei propri pregiudizi e della propria ottica. Per questo è importante «Il ghetto di Varsavia lotta», appena pubblicato da Giuntina per la cura di Wlodek Goldkorn. Il testo, scritto da Edelman subito dopo la guerra, è una cronaca della vita del ghetto e poi della rivolta resa da un giovane dirigente del Bund, il fortissimo partito socialista ebraico. Leggere la prosa del giovane Edelman, scoprire una visione del mondo così impregnata dell’ideologia e dell’appartenenza al partito, rende conto della distanza incolmabile che separa le generazioni.
Nella sua importantissima introduzione, Goldkorn sottolinea giustamente questi aspetti evidenziando la problematica morale che scaturisce oggi di fronte ad alcune scelte del giovane militante: la decisione di salvare prima i membri di partito rispetto ad altri; la risoluzione a onorare la memoria del proprio dirigente anche quando non se ne condividono le scelte (di fronte al suicidio di Anielewicz, il capo dell’insurrezione, Edelman afferma: «L’importante è che ci sia una leggenda. La leggenda per esistere deve essere legata a un nome. Quel nome è Anielewicz»); la posizione critica di Edelman nei confronti dello stato d’Israele.
Questo libriccino è composto da pagine straordinarie, e straordinariamente inattuali. Proprio questo lo rende storico, persino nella sua veste linguistica. Non dobbiamo onorare gli eroi estraendoli dalla storia. Dobbiamo onorarli per quello che erano. Grandi uomini del loro tempo.

Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas – twitter @tobiazevi