Identificazione ed espulsione
L’ultimo a decretarne l’illegalità è stato Giuliano Amato. Non proprio un pericoloso estremista. Commentando l’ultimo rapporto della Comissione parlamentare sui Diritti umani sui Centri di identificazione ed espulsione (Cie), l’ex-Ministro dell’Interno ha dichiarato: «Credo sia impossibile farne a meno, penso sia intollerabile usarli per un tempo così lungo e per finalità che non sempre corrispondono a quelle prescritte dalla legge».
Secondo la Commissione, i Cie (di cui i Cara, i centri per rifugiati, sono parenti prossimi) sono «luoghi di detenzione peggiori del carcere». Con alcune caratteristiche peculiari: le persone vi sono recluse senza aver commesso alcun reato, per il solo fatto di essere sprovvisti di documenti. Ma, tra chi non possiede o non vuole mostrare documenti, e chi attende di essere espulso, si trova di tutto: dalla badante a cui è scaduto il permesso di soggiorno al deliquente matricolato, dal neo-maggiorenne cresciuto in Italia alla prostituta salvata dal racket.
Fino a qualche settimana fa i CIE avevano un’altra prerogativa. A parte i parlamentari, nessuno poteva entrarci. No ai consiglieri regionali, no ai giornalisti, no ad associazioni e sindacati. L’ex-Ministro Maroni li aveva sigillati con apposita circolare, nella speranza magari di occultare i numerosi gesti di autolesionismo (nel 2011, solo a Torino, 156), i casi di ingestione di corpi estranei (100 sempre a Torino), le ferite da arma da taglio (56), la condizione incredibile in cui vivono i detenuti: sotto psico-farmaci. A Roma e Torino – non ho gli altri dati – circa uno su due.
Un gruppo di associazioni ha lanciato alcuni mesi fa la campagna «LasciateCIEntrare», per consentire ai giornalisti di documentare la vita nei Centri. Questa iniziativa ha spinto il Ministro Anna Maria Cancellieri a sospendere la circolare-Maroni. Senza informazione non può esserci la giusta indignazione: noi condanniamo la censura con cui il regime siriano cancella le sue vittime, uccidendole due volte. Ma non possiamo dimenticare ciò che accade a due passi da noi.
Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas twitter @tobiazevi