Mondi diversi
Mario Balotelli e Noa. Due personaggi diversi, appartenenti a mondi distanti. Uno campione del dribbling e del gol, al centro del tifo e delle accese passioni degli stadi, l’altra raffinata interprete musicale, capace di fondere tradizioni diverse in nuove, inedite melodie.
Molte cose, indubbiamente, li dividono, ed è probabile che non si siano mai incontrati. Ma hanno anche non pochi punti in comune. Entrambi vantano antenati vissuti in terre lontane, in luoghi ai margini della civiltà occidentale, come i villaggi dell’Africa o le lande pietrose dello Yemen. Entrambi, al termine di una catena di esodi e peregrinazioni, sono cresciuti in Paesi, quali l’Italia, Israele e gli Stati Uniti, che hanno permesso loro di esprimere i rispettivi talenti. Entrambi, grazie alle doti naturali, al sostegno delle loro famiglie, al lavoro e all’impegno, hanno raggiunto il successo, divenendo oggetto di ammirazione da parte di un pubblico internazionale.
Ma i punti di contatto non sono finiti, in quanto entrambi hanno degli ‘antipatizzanti’.
È normale, si dirà, che chi si esibisca in pubblico possa piacere o non piacere. Noa può ben essere fischiata se prende una ‘stecca’, Balotelli se sbaglia un passaggio, così come può non essere amato dai tifosi delle squadre avversarie.
Ma, in questo caso, stiamo parlando di antipatizzanti di tipo un po’ diverso, che non protestano per qualcosa che essi possano fare o non fare, ma semplicemente per il fatto che esistono, che sono quello che sono. Un gruppo di neonazisti ha espresso dei commenti poco amichevoli a proposito della recente visita ad Auschwitz del calciatore, durante la quale ha dichiarato di avere una nonna (la madre di uno dei suoi genitori adottivi) ebrea: “non solo è negro – hanno scritto sul loro sito -, è pure ebreo e quindi se ne deve andare a giocare nella nazionale di Israele”.
L’esibizione di Noa a Napoli, in occasione dell’inaugurazione del festival di danza israeliana, oltre ad avere riscosso uno strepitoso successo, ha anche sollevato le vibrate proteste di un nutrito gruppo di esponenti dei centri sociali, che ha ritenuto la presenza della cantante un’offesa alla città, perché – come urlavano nei loro megafoni – “Napoli è simbolo della Resistenza”. Hanno ragione. Credevamo, ingenuamente, che la Resistenza fosse stata combattuta per dare a tutti la libertà di viaggiare, di parlare e di cantare, ma è evidente che non avevamo capito. Particolare motivo di contestazione, il fatto che Noa, pur dichiarandosi a favore della pace, avrebbe comunque prestato servizio militare (che nel suo Paese, com’è noto, è obbligatorio). Anche in questo caso, hanno ragione. Noa avrebbe potuto facilmente ‘imbucarsi’, ‘darsi malata’, trovare una delle tante soluzioni “all’italiana” (o, ancora meglio, avrebbe potuto rinunciare alla sua cittadinanza), e non l’ha fatto. Quindi è colpevole.
Anche i due distinti gruppi di ‘antipatizzanti’, come i due personaggi in questione, hanno alcune cose che li dividono, e alcune (anzi, una sola) che li accomunano.
Le estrazioni culturali, le letture, i gusti, con ogni probabilità, sono diversi. I neonazisti odiano negri, ebrei, zingari, omosessuali ecc. ecc., gli altri dicono di non avere niente contro queste categorie, anzi, si dicono a difesa di tutte le diversità e di tutte le “minoranze oppresse”. È difficile che tra le due comunità ci siano delle amicizie, o delle frequentazioni. Insomma, si tratta, anche per loro, di mondi diversi. C’è un solo argomento, probabilmente, che li vede assolutamente d’accordo, ed è Israele. Per i ‘neri’, gli israeliani sono “ebrei al cubo”. E i ‘rossi’ (chiamiamoli così), quando vedono passare un israeliano – si tratti di un cantante o di un muratore, di un vigile urbano, un pizzaiuolo o una donna cannone -, si sentono ribollire il loro sangue proletario. I due mondi diversi trovano, così, un solido punto d’incontro. Ma si tratta di una mera coincidenza, senza alcun significato particolare. Non vale la pena fermarsi a rifletterci su. Chi avrebbe mai voglia di farlo?