esploratori…

Questo sabato abbiamo letto, sia nella parashà sia nella haftarà, il racconto di una missione, quella degli esploratori mandati per ispezionare Eretz Israel. Le due missioni, nate con il medesimo scopo, ebbero un risultato diametralmente opposto: la prima (nella parashà) fallì, la seconda (nella haftarà) ebbe successo. La differenza del risultato, è stata argomentata da diversi esegeti rilevando, in ogni singolo particolare della vicenda, un diverso motivo. Tra questi motivi, quello della diversa impostazione della missione di esplorazione, può essere considerato la base del fallimento e della riuscita. Mosè invia dodici esploratori, Giosuè solo due. Mosè cede alle richieste di ogni tribù di essere rappresentata in una missione così importante. Giosuè, forse perché testimone della precedente esperienza, sceglie da solo i due esploratori. Dei dodici esploratori di Mosè conosciamo i dati anagrafici, sono in missione rappresentativa, sono i “capi d’Israele”. Gli esploratori di Giosuè sono anonimi, non sappiamo a quale tribù appartenessero e, durante la missione, nascosero la loro identità trovando rifugio nella casa di una prostituta. A volte le missioni falliscono prima di iniziare, specialmente quando la qualità si sacrifica sull’altare della quantità o, ancora peggio, quando la nostra capacità di scelta viene imbrigliata da accordi preconfezionati.

Adolfo Locci, rabbino capo di Padova