Un’antica presenza da valorizzare

L’antico cimitero ebraico di Acqui Terme (Alessandria) ha costituito forse il nucleo più interessante della tradizionale visita di fine anno che, con grande successo, l’Associazione Ex Allievi e Amici della Scuola Ebraica di Torino ha dedicato quest’anno al comune monferrino e alla splendida Villa Ottolenghi dove è racchiuso uno dei giardini più significativi d’Europa con opere di arte contemporanea degne di spazi espositivi di rilievo.
Perché tanto interesse nel pubblico per un antico cimitero? Perché si tratta di un recupero iniziato alcuni anno or sono, grazie all’opera di pochi, efficienti e appassionati volontari, desiderosi di riportare alla luce e restituire alla città una parte fondamentale della sua storia. Ad Acqui Terme c’è stata infatti una presenza ininterrotta ebraica per oltre 500 anni, dai primi insediamenti di metà ‘400 sino agli ultimi ebrei che vi hanno vissuto fino agli anni ’60 del Novecento (l’ultimo rabbino, Adolfo Ancona, morì nel 1952); nel 1931 la Comunità fu aggregata a quella di Alessandria, che a sua volta fu inglobata nel 1989 in quella di Torino.
Una storia significativa quella degli ebrei di Acqui Terme: nell’Ottocento 600 iscritti animavano infatti la vita della Comunità, ancora vivace e ricca all’avvento delle leggi razziste e poi in rapido declino dopo la Shoah, che vide una trentina di persone deportate mentre moltissimi al termine del conflitto si trasferirono in centri più grossi. Ebrei che lasciarono tracce importanti nella vita della località termale, specialmente per aver contribuito allo sviluppo urbano, alla costruzione di grandi opere pubbliche e per aver gettato uno sguardo oltre confine, ma soprattutto per gli importanti lasciti e donazioni di Jona Ottolenghi, membro di una delle famiglie più antiche e prestigiose.
Questa storia emerge in particolare dalla ricostruzione che si può fare addentrandosi nel cimitero, il cui terreno fu acquistato nel 1836 in un momento di forte espansione demografica.Tra le presenze illustri della Comunità anche Israel Emanuel Ottolenghi, che in rappresentanza delle due università israelitiche del Monferrato si recò nel 1806 al Gran Sinedrio voluto da Napoleone a Parigi.
Ciò che ha colpito maggiormente i visitatori è stata l’opera appassionata e intelligente di alcuni cittadini di Acqui – tra loro Marco Menegazzi, ultimo discendente di una famiglia ebraica residente in città, Luisa Rapetti, autrice del prezioso volume Il cimitero ebraico di Acqui Terme (Editrice Impressioni Grafiche, Acqui 2009) e instancabile accompagnatrice di visitatori, studenti e ricercatori, e Marco Francesco Dolermo, ricercatore attento della storia degli ebrei di Acqui e autore del volume La costruzione dell’odio. Ebrei, contadini e diocesi di Acqui dall’istituzione del ghetto del 1731 alle violenze del 1799 e del 1848 (Silvio Zamorani editore, 2005) – che si prodigano meritoriamente perché il cimitero conservi la sua dignità. Non solo, ma intendono valorizzare, con il concorso della città, un bene culturale che insieme all’antico ghetto di Portici Saracco e a quanto rimane dell’ottocentesca sinagoga (una facciata con le vetrate a dieci petali simboleggianti i Dieci Comandamenti), arricchisce Acqui di una storia che merita di essere conosciuta.