Soffermarsi

Che il tema storico dell’esame di stato 2012 sia stato dedicato alla Shoah è in sé un buon segno e da questo punto di vista il comunicato del Presidente Gattegna è condivisibile. Tuttavia confesso che la formulazione ha suscitato in me qualche perplessità. A differenza degli anni scorsi, il tema vero e proprio era preceduto da un testo da cui prendere spunto, tratto da La banalità del male di Hannah Arendt, dal capitolo che parla della conferenza di Wannsee. Non voglio entrare nel merito del libro della Arendt (a cui Pagine ebraiche ha dedicato di recente interventi anche piuttosto critici); a me pare un libro importante e per alcuni aspetti utile dal punto di vista didattico, ma certamente non è – e non intende essere – un libro di storia: più volte ho messo in guardia i miei allievi dall’usarlo come tale, in particolare per quanto riguarda la Shoah in Italia (su cui la Arendt tende a minimizzare, con veri e propri errori, che i ragazzi erano invitati a scovare). Forse nella prova dell’esame di stato sarebbe valso la pena ricordare agli studenti (il sottotitolo “Eichmann a Gerusalemme” non aiuta un granché) che si tratta del resoconto del processo a Eichmann; quindi la conferenza di Wannsee è raccontata essenzialmente per mettere in luce il ruolo assunto in essa dall’imputato e la sua percezione soggettiva di quell’evento:
«[…]La seduta non durò più di un’ora, un’ora e mezzo, dopo di che ci fu un brindisi e tutti andarono a cena – “una festicciola in famiglia” per favorire i necessari contatti personali. Per Eichmann, che non si era mai trovato in mezzo a tanti “grandi personaggi,” fu un avvenimento memorabile; egli era di gran lunga inferiore, sia come grado che come posizione sociale, a tutti i presenti. Aveva spedito gli inviti e aveva preparato alcune statistiche (piene di incredibili errori) per il discorso introduttivo di Heydrich – bisognava uccidere undici milioni di ebrei, che non era cosa da poco – e fu lui a stilare i verbali. In pratica funse da segretario, ed è per questo che, quando i grandi se ne furono andati, gli fu concesso di sedere accanto al caminetto in compagnia del suo capo Müller e di Heydrich, “e fu la prima volta che vidi Heydrich fumare e bere.” Non parlarono di “affari”, ma si godettero “un po’ di riposo” dopo tanto lavoro, soddisfattissimi e – soprattutto Heydrich – molto su di tono”».
Un testo estremamente inquietante, utilissimo per portare i giovani a riflettere appunto sulla “banalità del male”, ma non mi pare che si possa definire un testo storico. Piuttosto lo avrei visto molto bene come spunto per un tema di attualità. Cosa si chiedeva di fare? “Il candidato, prendendo spunto dal testo di Hannah Arendt, si soffermi sullo sterminio degli ebrei pianificato e realizzato dai nazisti durante la seconda guerra mondiale.” Curioso questo “si soffermi”, non “analizzi”, “illustri” o almeno “descriva”, “racconti”. Cosa significa? Se fossi uno studente davvero mi domanderei cosa ci si aspetta da me. Il verbo sembra tradire l’idea che basti fermarsi a riflettere un attimo (o, nel caso specifico, sei ore) per comprendere cosa sia stata la Shoah. Oppure che i racconti, le testimonianze o il resoconto di un processo possano sostituire, anziché affiancare, la riflessione storica.

Anna Segre, insegnante