Storie – Gli Italkim e la costruzione di Israele

Lo Stato di Israele è stato costruito anche dagli ebrei italiani (gli Italkìm), tra cui il partigiano e sionista Enzo Sereni. È il tema della due giorni di studi che si è tenuta la settimana scorsa al Mishkenot Shaananim di Gerusalemme: «L’Italia in Israele: il contributo degli ebrei italiani alla nascita e allo sviluppo dello Stato d’Israele», organizzata dall’ambasciata italiana e da Hevrat Yehudè Italia.
Il convegno ha rappresentato il seguito naturale di quello tenutosi l’anno scorso per celebrare i 150 anni dell’Unità d’Italia, in occasione della visita ufficiale del Presidente Giorgio Napolitano in Israele, che aveva puntato lo sguardo sull’affinità ideale tra il sionismo e il Risorgimento italiano.
La comunità degli ebrei italiani in Israele, pur essendo numericamente esigua, ha svolto un ruolo importante. Lo testimonia il volume pubblicato dalla Fondazione Corriere della Sera, intitolato Italia-Israele: gli ultimi 150 anni, presentato nella due giorni, che ha raccontato l’epopea dei primi cento ebrei italiani, per lo più intellettuali, emigrati in Palestina con il sogno del nuovo Stato.
La figura chiave è quella del romano Enzo Sereni, classe 1905, sionista e socialista, che fece aliyah in Palestina (allora sotto il mandato britannico) nel 1927 e fu tra i fondatori del mitico kibbutz di Givat Brenner, dove nacquero la secondogenita Hagar e il terzo figlio Daniel. Nel giugno 1944 Sereni, dopo un periodo di addestramento in Puglia, fu paracadutato nell’Italia del Nord per collaborare con la Resistenza. Catturato, fu rinchiuso a Bolzano e poi trasferito a Dachau, dove in novembre fu ucciso dai tedeschi. Sereni è stato celebrato in Israele con l’emissione di francobolli e l’intitolazione di un kibbutz.
Ma gli «italkìm» si distinsero anche nella ricerca scientifica, tecnologica, agricola, nel mondo universitario e in quello artistico e musicale. Un’altra storia emozionante è quella del triestino Martino Godelli, pioniere del sionismo socialista italiano, sopravvissuto ad Auschwitz e immigrato in seguito nel kibbutz Netzer Sereni, di cui è stata proiettata una lunga intervista realizzata dal corrispondente Rai Claudio Pagliara. La vicenda più incredibile è però quella del gruppo di circa settanta abitanti del paesino della provincia di Foggia, San Nicandro Garganico, guidato dal bracciante Donato Manduzio, che nel 1930 abbracciò l’ebraismo, resistette alle leggi razziste e, dopo la liberazione, tra il 1948 e il 1950 decise d’emigrare in Israele, alla quale è stato dedicato il film San Nicandro, Sefat. Il viaggio di Eti, del regista Vincenzo Condorelli. I loro discendenti vivono tuttora con le loro famiglie in Israele.

Mario Avagliano – twitter @MarioAvagliano