Melamed – Se la dislessia incontra il web
Per i bambini dislessici la scuola è più difficile che per chi è in grado di leggere e scrivere senza problemi. Ma anche il mondo del web non scherza. Inoltrarsi tra siti e blog può rivelarsi uno slalom faticoso e frustrante: perché le pagine sono confuse, i caratteri poco contrastati o i testi troppo densi. Ma anche perché partecipare in prima persona significa esporsi alle critiche, spesso impietose, e alle correzioni degli altri navigatori. A mettere a fuoco il problema è stata di recente una pattuglia di blogger israeliani, coinvolti a vario titolo nella problematica. Con una buona dose d’ironia Marina Goldstein, 39 anni, dislessica, non ha esitato a intitolare il suo blog Shghiot, che in ebraico significa errori, uscendo così definitivamente dall’anonimato che l’aveva protetta finora sul sito Tapuz Anashim. Marina ha scelto di scrivere senza filtri, rifiutandosi anche di usare il correttore ortografico. Non è una civetteria, ma il desiderio di mostrare che la dislessia non ha nulla a che fare con la cultura o con l’intelligenza (basti pensare che erano dislessici Albert Einstein, Agatha Christie o Leonardo Da Vinci). Con suo grande dispiacere i lettori continuano però a bersagliarla di correzioni. Lei, che ribadisce l’orgoglio di essere dislessica, imperterrita rinvia le critiche al mittente e invita a leggere i contenuti al posto degli errori. Goldstein ha ben presente la diffidenza diffusa nei confronti del mondo della dislessia. Lei stessa è stata scartata da molte agenzie di pubbliche relazioni interessate alla blogosfera perché la sua scrittura non era considerata abbastanza “estetica” per il brand. E di recente si è dovuta misurare con le difficoltà sul web della figlia di nove anni, dislessica fin dalla nascita. La bimba è iscritta a Ecologo, sito ambientalista per ragazzi, dove partecipa e interagisce. Peccato che con regolarità l’amministratore la estrometta dalla community per il suo linguaggio e i suoi errori nella scrittura, bloccandole a lungo l’accesso. Ormai scoraggiata la piccola meditava di abbandonare il mondo di internet ma in sua difesa è scesa in campo la mamma che ha contattato i manager del sito spiegando il problema e chiedendo che la figlia venisse riammessa previo invio di una sua mail. Nell’ultima Marina sintetizzava in modo brillante la questione “Noi dislessici scriviamo benissimo: solo che usiamo le lettere sbagliate”. Usare le lettere sbagliate può però rivelarsi, a determinate condizioni, un’arma vincente sul mercato. Lo dimostra l’esperienza di Galit Harel, 40 anni, esperta di marketing on line, che su Facebook ha aperto il profilo The talent of dyslexia che subito ha calamitato un pubblico appassionato. “L’idea – spiega – è nata per comunicare a quanti soffrono di dislessia che non solo si può superare il problema ma è possibile, come me, farne un vero e proprio lavoro”. Una prospettiva per molti versi meno remota di quel che può sembrare se si tiene conto che secondo Michael Zarchin, fondatore dell’omonimo istituto che si occupa di dislessia, le caratteristiche di un sito accessibile ai dislessici sono esattamente le stesse che catturano l’attenzione del navigatore medio: testi non troppo lunghi e di facile comprensione, grafica semplice e chiara e molte immagini.
Daniela Gross, Pagine Ebraiche, luglio 2012 – twitter @dgrossmoked