Francoforte sceglie il sindaco del kibbutz
Senza parole. Questa la reazione di Peter Feldmann guardando i risultati apparsi sullo schermo la scorsa primavera: il 57,3 per cento al ballottaggio e le chiavi di Francoforte in tasca. In carica dal primo luglio, dopo 17 anni torna a guidare la città un sindaco della Spd, il partito socialdemocratico tedesco, battendo il più quotato Boris Rhein della Cdu, l’Unione cristiano democratica. E a distanza di quasi ottant’anni, Francoforte ritrova un sindaco ebreo, il secondo dopo Ludwig Landmann, entrato nella storia cittadina per aver dato un grande impulso economico e architettonico a Francoforte, che fu costretto dai nazisti ad abbandonare nel 1933. “Non riuscivo a crederci” ha confessato Feldmann al giornale Bild. Considerato un outsider, la sua vittoria ha colto di sorpresa anche gli analisti che davano per fatta quella di Rhein. Una campagna improntata sulle politiche di sostegno ai meno abbienti e alle questioni sociali, un fare discreto, pacato, e un porta a porta ininterrotto per entrare in contatto con i problemi quotidiani degli elettori. Sembra essere stata questa la ricetta per la vittoria di Feldmann, 53 anni, economista aziendale e analista politico da anni impegnato nel consiglio cittadino. I suoi discorsi sulla lotta alla povertà infantile, sul diritto alla casa, sull’inclusione della città in un panorama internazionale forte del suo melting pot hanno risvegliato la fiducia nella Spd. Non un miracolo ma sicuramente un risultato straordinario. Feldmann, che si definisce un “ebreo liberale”, ha fondato nel 2007 assieme ad alcuni colleghi della Spd la Arbeitskreises Jüdischer Sozialdemokraten, un gruppo che riunisce i membri di origine ebraica del partito. Il passato di Feldmann racconta anche di una lunga esperienza da ragazzo in un Kibbutz israeliano. E a Israele, Francoforte è legata da una particolare amicizia visto il trentennale gemellaggio con Tel Aviv. Molto attivo nella Comunità ebraica locale, alla domanda dello Jüdische Allgemeine se l’identità ebraica abbia influenzato la sua campagna elettorale, il neosindaco ha risposto “il fatto che l’argomento non sia entrato nel dibattito è la testimonianza di come questa città sia liberale e aperta”.
Daniel Reichel, Pagine Ebraiche, Luglio 2012