Voci a confronto
Dopo appena due mesi di alleanza dentro il governo israeliano, il leader di Kadima Shaul Mofaz torna all’opposizione; la disputa sulla leva obbligatoria anche per gli ultraortodossi (e per gli arabi) continua ad essere un ostacolo insormontabile per i governi israeliani, e Netanyahu non se l’è sentita di abbandonare gli alleati della prima ora per andare incontro a quelle che sono, sicuramente, le idee della maggioranza della popolazione. Oltre ad una breve sul Corriere è interessante leggere il Financial Times che approfondisce il problema di una fetta di popolazione che finisce sempre più nelle difficoltà economiche anche per le conseguenze di questa realtà. E di denaro si parla anche nelle vicende che coinvolgono Woody Allen, al quale il presidente Peres (coi sindaci di Gerusalemme e di Tel Aviv), cercano di assicurare enormi finanziamenti se si deciderà a girare un film in una città israeliana; lo leggiamo sul Figaro e nell’articolo di Cinzia Romani sul Giornale.
Il TG di ieri ha mostrato il Presidente Napolitano con Abu Mazen, e alcune parole sono state subito da molti giudicate per lo meno inopportune. Le riprende oggi, senza criticarle, Giovanni Trotta sul Secolo d’Italia: Napolitano ha elogiato “l’estrema saggezza e il senso della misura” del leader palestinese (in realtà parlò di estrema saggezza e pazienza), e sul Tempo Maurizio Piccirilli cita anche “il fattore positivo per la stabilizzazione democratica rappresentato dall’esperienza storica dell’ANP”. A chi scrive questa rassegna tali frasi sembrano quanto meno inopportune, e ricordano altre espresse in un passato non lontano in favore di Assad e, più recentemente, della nascente democrazia in Tunisia.
Proprio del regime di Assad parlano tutti i quotidiani di oggi, ma oltre alle usuali stragi nelle città siriane (ieri soprattutto nella capitale Damasco), è importante analizzare quello che le determina. Su Europa Alberto Mucci scrive che poco importano le iniziative di Kofi Annan, e sono già dimenticate le parole di Hillary Clinton che lo scorso 8 luglio affermava che i giorni di Assad sono contati; fin dopo le elezioni USA niente sarà fatto. Renzo Guolo scrive su Repubblica che, qualora Assad dovesse cadere, i sunniti legati ai sauditi (ed ai turchi che hanno girato le proprie attenzioni dall’Europa al Medio Oriente) bloccherebbero le mire degli sciiti su tutta quell’area strategica. Come gli iraniani si troverebbero accerchiati, così finirebbero le mire neo-ottomane di Erdogan; queste sarebbero le preoccupazioni di Kofi Annan che spesso si è recato nei giorni scorsi a Teheran e nelle altre capitali. Camille Eid su Avvenire sostiene che gli alawiti alla fine lasceranno il potere centrale e si ritireranno sulla fascia costiera dove si trovano le importanti città di Latakia e Tartus; il piano sarebbe già in fase di attuazione con una pulizia etnica della quale poco si parla. Di simile piano si legge anche nell’intervista rilasciata a Maurizio Molinari su La Stampa da Joshua Landis, esperto di Medio Oriente; egli, al contrario, ritiene che gli alawiti non vorranno ritirarsi nelle loro storiche roccaforti, prive di acque e di elettricità. Sul Foglio Daniele Raineri scrive che adesso Assad, dopo che i leaders di Hamas hanno lasciato Damasco, inizia a sparare anche sulle enclavi palestinesi, mentre Hamas cerca di tenere bassi i toni per non dar troppo spazio alle lotte interne tra arabi e, soprattutto, per l’influenza iraniana. A Damasco intanto i Fratelli Musulmani stanno aumentando la loro presenza, così come gli uomini di al Qaeda. Raineri riporta anche le prime dichiarazioni che l’ex fedelissimo di Assad, suo cruciale ambasciatore a Baghdad, sta rilasciando; da queste si evidenziano le azioni fatte contro gli americani dai siriani dal momento della caduta di Saddam Hussein, sempre vicino al rais siriano. Mirko Molteni su Libero scrive che Assad sta richiamando a Damasco i suoi uomini schierati lungo il confine col Golan israeliano, confine che così può riempirsi di jihadisti. Luca Geronico su Avvenire paventa che Assad abbia già fatto uso delle armi chimiche (cosa che non sarebbe una novità in Siria dopo le stragi compiute con tali armi da Assad padre).
Lorenzo Cremonesi sul Corriere spiega che la realtà tribale per ora sembra prevalere nel dopo elezioni libiche, ed un governo provvisorio avrà 18 mesi di tempo per formulare la nuova costituzione. In un’intervista firmata L.Cr. intervista tuttavia il leader dei Fratelli Musulmani che si dichiara convinto della vittoria del suo partito grazie alla vicinanza ideologica con molti indipendenti eletti. In tale intervista si dice chiaramente che comunque la sharia sarà alla base della prossima legislazione.
Massimo Galli su Italia Oggi scrive che la crescita in Israele cala dal 4,7% ad un probabile 3,1%; Netanyahu sarebbe intenzionato a lasciar crescere il deficit fino al 3%, sperando di mantenere Israele unica isola felice nell’attuale panorama occidentale.
Andrea Avveduto su Avvenire dedica un articolo alla difficile situazione dei cristiani a Gaza, oramai ridotti a circa 1500, sottoposti ad ogni genere di soprusi per cercare di mantenere la loro fede. Avveduto non esita, oggi, a parlare delle bambine cristiane prese in sposa dagli islamici e degli assassinii di coloro che non vogliono convertirsi.
Pierluigi Battista aveva scritto ieri un invito agli sportivi italiani ad onorare gli atleti israeliani morti a Monaco ’72; gli risponde oggi sul Corriere il presidente del CONI Petrucci con una lettera importante nella quale assicura che gli atleti italiani il prossimo 6 agosto onoreranno la memoria dei caduti a Londra insieme al comitato olimpico israeliano.
Infine un’altra speranza, seppur tenue, nasce dalla lettura di Abdolmohammadi Pejman sul Secolo XIX: su facebook alcune donne iraniane fanno sentire la loro voce contro l’imposizione dello chador. Sono solo poche migliaia, per ora, ma ricordando anche i giovani iraniani che grazie ad internet si entusiasmano per le canzoni dei cantanti israeliani, e in particolare di una famosa cantante di origini iraniane, ci si deve domandare se prima o poi anche gli ayatollah non vedranno tempi difficili in casa loro.
Emanuel Segre Amar