Guggenheim

Sembrava una corrazzata poderosa con comandanti di valore che avevano capito il futuro del mondo dell’arte e invece inizia a perdere colpi. La Fondazione Guggenheim ha creato un sistema museale con una visione che guarda ai prossimi decenni e dopo New York e Venezia, ha aperto Bilbao e Berlino, sta costruendo Dubai e aveva avviato un piano anche per Helsinki. Alla base idee chiare: bisogna organizzare grandi mostre per far crescere un museo e per soddisfare artisti, galleristi e collezionisti. Ma le grandi mostre costano sempre di più e quindi bisogna suddividere i costi su più sedi. Queste sedi non sono semplici dependance di New York, ma creano loro stessi delle mostre basate su artisti locali che poi fanno il giro del mondo. Cosmopolitismo e localismo insieme. Perfetto, e infatti il successo – si pensi anche solo a Bilbao – è stato grande. Fatto sta che Berlino, che era gestito in collaborazione con Deutsche Bank, sta per chiudere; che Helsinki non si farà più; che a Dubai si rischia che alcuni importanti artisti mediorientali e asiatici (Shirin Nishat etc.) non vogliano essere della partita. Colpa della crisi economica che colpisce la banche e la Nokia (che domina in Finlandia)? O l’offuscamento ulteriore della stella americana di cui comunque il Guggenheim è un’espressione? O le divisioni interne alla Fondazione?.

Daniele Liberanome, critico d’arte