… solidarietà

Nel suo messaggio augurale al nuovo Presidente della comunità ebraica di Milano Walker Meghnagi, il Presidente della comunità ebraica di Roma Riccardo Pacifici scrive (Shalom, n. 7, luglio): “Io e te Walker abbiamo deciso di essere con Israele senza se e senza ma”. Per chi come me ci vive, espressioni di solidarietà come questa sono sempre gratificanti, specialmente in un’epoca in cui Israele è frequente oggetto di attacchi non solo terroristici, ma anche politici, economici e mediatici. E tuttavia è necessaria una parola di cautela. L’appoggio incondizionato a una cosa senza se e senza ma rischia di appiattire quella cosa, la fa apparire unidimensionale e semplicistica. L’odierna realtà di Israele è invece estremamente complessa e matura, esistono grandi problematiche le cui soluzioni possono essere diametralmente opposte, e se si è d’accordo con le une non si può essere d’accordo anche con le altre. L’esempio di attualità più noto è quello del servizio militare o civile da parte di tutti i cittadini. Oggi in Israele l’obbligo di tale servizio per tutti non esiste. Se stiamo con Israele, siamo per lo stato di fatto oppure esprimiamo qualche se e qualche ma? Sulle più pressanti riforme economiche e sociali, siamo per lo stato di fatto, per la piazza che rumoreggia, o per i tentativi di mediazione in corso? Sull’identità culturale e politica dello stato d’Israele, siamo per l’annessione della Cisgiordania con tutta la sua popolazione, o per la separazione in due stati per due popoli? Temi complicati sui quali è necessaria una lunga riflessione e sui quali non è possibile raggiungere l’unanimità. Allora, “essere con Israele” – a parte l’impegno primario per la sicurezza fisica del paese e dei suoi cittadini – significa appoggio incondizionato al governo in carica, qualunque esso sia, oppure sostegno a una società civile in cui esiste più di una verità?

Sergio Della Pergola, Università Ebraica di Gerusalemme