Cose scontate
Viviamo nella società dell’informazione, eppure a volte trovare le informazioni che ci servono e difficilissimo, se non impossibile. Tra le molteplici cause ce n’è una che mi pare particolarmente attuale: la tendenza a dare tutto per scontato. Non credo che sia un caso se questa tendenza aumenta in modo esponenziale proprio quando le fonti di informazione sembrano sempre più rapide e precise: nel momento in cui tv e giornali la devono riferire la notizia è già uscita su internet, è stata trasmessa per radio, discussa sui social network, commentata da qualche esponente politico; il giornalista che se ne occupa l’ha già sentita fino alla nausea, gli sembra impossibile che qualcuno possa non conoscerla, e quindi gli pare superfluo riferirla nei dettagli. Basta poi avere la televisione o il computer guasti per un giorno, o a volte semplicemente aver fatto una gita in montagna, per non capire davvero più nulla.
La tendenza a dare tutto per scontato appare ancora più insidiosa negli ambienti ristretti, come l’ebraismo italiano, o ancor di più le singole comunità. Lì ogni notizia che viene riferita in qualche forma ufficiale (assemblea, bollettino, giornale, newsletter) è stata preceduta da chissà quante conversazioni tra amici e parenti, discussioni nell’ambito di qualche gruppo, mail private, bisbigli, gossip, magari anche litigi. Chi parla o scrive non è più in grado di mettersi nei panni di chi sentirà o leggerà la notizia per la prima volta: si lima ogni parola per trovare una forma di compromesso tra quelli del proprio gruppo, si lanciano frecciatine contro gli avversari, e intanto chi doveva essere informato non capisce di cosa si stia parlando. Non è un problema degli “ebrei lontani”, anzi, spesso più siamo “vicini” più tutti danno per scontato che sappiamo già di cosa stanno parlando senza che ce lo spieghino. Così le informazioni che sembrano più ovvie sono spesso proprio quelle che alla fine nessuno conosce.
Questo stesso testo non sfugge alla regola: a cosa sto alludendo? Perché tiro fuori l’argomento proprio adesso e non due settimane fa o tra un mese? Va bene, ammetto che ci stavo cascando anch’io. Per fare ammenda dico esplicitamente che lo spunto mi è venuto da una newsletter indirizzata agli ebrei torinesi che ho ricevuto qualche giorno fa e che mi è parsa particolarmente criptica. Ma si potrebbero citare un’infinità di casi simili, nelle comunità ebraiche come in altri ambiti.
Spesso dico ai miei allievi che una ripetizione, anche se suona male, è comunque mille volte meglio di una frase incomprensibile. Allo stesso modo un’informazione ripetuta mi sembra molto meglio di una omessa perché data per scontata.
Anna Segre, insegnante