Lampedusa non è un’isola

Chideria ha tre mesi di vita e viene dalla Nigeria. I suoi occhietti hanno già visto una guerra, una fuga tra le bombe, una traversata in mare con altre quattrocento persone, un quarto delle quali sono morte di fame, di sete o di freddo. I suoi occhietti hanno visto i loro corpi buttati in mare per alleggerire il carico, e hanno già conosciuto il Centro di primo soccorso e accoglienza di Lampedusa. Chideira adesso è coccolata da tutti, ma le condizioni igieniche del Centro le hanno causato, in pochi giorni, una bronchite, un’infezione agli occhi e una dermatite da punture di insetto. Anche Omar ha soltanto tre mesi, ma arriva dal Darfur. Anche i suoi occhietti hanno già visto una guerra, una fuga precipitosa, trecento persone ammassate su una barca e le risse per rimanere in vita. I suoi occhietti hanno visto suo padre accoltellato e preso a pugni fino a quando un elicottero non ha illuminato a giorno l’imbarcazione e messo fine alla lotta per sopravvivere. Nel Centro va un po’ meglio, se non fosse per quell’operatrice che, dopo essersi offerta di fargli un bagnetto, ha pensato bene di ustionargli la gamba.
I ragazzini non se la passano tanto meglio. Girano con il coltello e con lo spray al peperoncino perché i più grandi li aggrediscono e li derubano; non conoscono quale sia il loro destino e in molti casi non sono neanche stati identificati; ogni giorno mangiano solo pasta al sugo, talmente immangiabile che gli stessi agenti invitano a buttarla per terra. Si cammina sui maccheroni. Del resto questa pasta non è affatto economica: ogni ospite/detenuto costa allo Stato 33 euro al giorno, versati regolarmente a “Lampedusa accoglienza”.
Traggo queste storie dal diario dell’avvocato Alessandra Ballerini, pubblicato in buona parte in “Lampedusa non è un’isola – Rapporto sullo stato dei diritti in Italia” a cura di Luigi Manconi e Stefano Anastasia. Un volume prezioso, che studia il “caso-Lampedusa” come emblema delle contraddizioni e delle ingiustizie italiane in materia di immigrazione. Pensiamo a questi bambini, quando saremo in spiaggia. Pensiamo a quanto sarebbe brutto il mare sull’altro lato dell’isola.

Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas – twitter @tobiazevi