Daf Yomi – L’altra metà del cielo, tutti i giorni
In questi giorni molto si è scritto dei festeggiamenti per il termine del Daf Yomi, il programma di studio che prevede di affrontare l’approfondimento di una pagina del Talmud Babilonese ogni giorno. Sottolineando la presenza (numerosa) delle donne alle celebrazioni. Cercando però in internet l’insieme delle parole women+daf+yomi, la prima pagina che esce riporta una lettera – presumibilmente vera, ma sul web è difficile verificare – di una donna che chiede come gestire la serietà con cui suo marito si dedica allo studio quotidiano. Col risultato di non vedersi praticamente mai. L’impegno di lui ha un effetto collaterale a cui non si pensa immediatamente, anche se sarebbe logico: quando rimane in genere il tempo per studiare? La sera, rinunciando ad altro. E un impegno così totalizzante come quello che mira a completare lo studio del Talmud Babilonese in sette anni e mezzo di sicuro non può essere portato avanti nei ritagli di tempo. Però dal punto di vista di questa donna si sta parlando di 2711 sere, di solitudine. La soluzione che parrebbe più ovvia, ossia studiare insieme, ovvia non è affatto: la pratica del Daf Yomi non è parte del mondo femminile. O meglio, non lo era. Sono già migliaia, in realtà, le donne che partecipano in tutto il mondo a questa rigorosa pratica quotidiana; un segnale sorprendente, forse, che lascia intendere come anche nell’ambito dell’ortodossia ebraica più rigorosa la situazione non sia così semplicisticamente rigida come sarebbe facile pensare.
Identificati dalla società circostante come gli anacronistici difensori di un sistema ideologico reazionario e integralista, molti haredim preferiscono oggi richiamarsi ai valori dello studio e del confronto fra opinioni diverse, che l’approfondimento dei testi ebraici inevitabilmente comporta. In quest’ottica è bello sapere che non solomoltissime donne in tutto il mondo parteciperanno alle celebrazioni ma addirittura che a Gerusalemme c’è un luogo – il Matan Women’s Institute for Torah Studies, fondato del 1988 e che ha più di 3mila iscritte ai suoi programmi di studio (nell’immagine una delle insegnanti) – in cui saranno loro a condurre la giornata. E sarà occasione particolarmente festosa perché per il Matan Institute sarà la conclusione del primo ciclo Daf Yomi di sette anni e mezzo.
Il centro non ha una specifica affiliazione, ma molte delle studentesse si riconoscono in una denominazione Modern Orthodox; per il Siyum Hashas del 2 agosto sono attese un centinaio di partecipanti. Yardena Cope-Yossef, il motore iniziale del gruppo Daf Yomi al Matan Institute, racconta che “studiare il Talmud in questa maniera è fare parte di qualcosa di profondo, di molto più grande di me stessa”. In realtà il suo studio è iniziato molto presto, quando – a Chicago all’inizio degli anni ’80 – un rabbino della sua scuola accettò di studiare con lei, in un contesto in cui non era affatto previsto che le ragazze si dedicassero al Talmud. “Certo, si trattava di pochi minuti durante la colazione, ma è stato un inizio, che mi ha segnata profondamente”.
L’immagine di un gruppo di donne che studiano il Talmud è ancora del tutto estranea negli ambienti ultra ortodossi ma ci sono parecchie partecipanti che raccontano come durante lo studio, quando si trovano in unluogo pubblico o in viaggio, capiti spesso che oltre a lanciare occhiate incuriosite gli uomini si avvicinino e, a volte, chiedano in prestito il testo.
Per le donne del Matan l’esistenza di un gruppo Daf Yomi rappresenta “una grande opportunità di partecipazione, non la volontà di lottare per conquistare un posto a cui dovremmo avere diritto naturalmente”. Inoltre, sottolineano, “non si tratta di portare avanti una rivendicazione delle capacità femminili, l’interesse risiede precisamente nello studio della Torah.” Notare come questo gruppo di donne sia riuscito a studiare le sue 2711 pagine, una per volta, è ancora una volta la prova che anche in questo contesto l’altra metà del cielo, senza bisogno di chiedere nulla a nessuno, semplicemente, c’è.
PS: la risposta ricevuta dalla signora che si lamenta della solitudine è che il marito dovrebbe cercare un gruppo che si riunisca in unorario differente: lo studio non passa davanti alle relazioni familiari ed è necessario trovare una soluzione condivisa.
Ada Treves – twitter@atrevesmoked