La crisi economica
La crisi economica che viviamo, e che cerchiamo affannosamente di comprendere, è qualcosa di multiforme e complesso. Non è solo mancanza di denaro, è difficoltà a ridefinire le nostre esistenze. Se guardiamo alla nostra epoca da un punto di vista globale, potremmo azzardare una considerazione semplice: si allarga la platea di coloro che mangiano, consumano, si arricchiscono nel mondo, e di conseguenza si restringono le possibilità di quelli che già mangiavano, consumavano, vivevano nel benessere. Se partiamo da questo presupposto potremmo addirittura pensare a questa crisi come a qualcosa di “giusto”, come a una dinamica di redistribuzione della ricchezza tra tutti gli abitanti del pianeta. Il problema è un altro. Tra i paesi già sviluppati che oggi sperimentano il declino si ingigantiscono le disuguaglianze: la ricchezza è sempre più concentrata e le differenze sociali si dilatano assai più velocemente dello spread. L’Italia, particolarmente in difficoltà, è forse tra i più ingiusti. E, alla lunga, non c’è sviluppo se il benessere non si divide tra tutti. Anche Israele, però, che ha un’economia che cresce velocemente, vede acuirsi la distanza tra ricchi e poveri. È un aspetto che va considerato e affrontato. Su queste colonne Sergio Della Pergola ci ha recentemente invitato a non pensare a Israele come a una realtà monolitica, indistinta, ma di sforzarci di cogliere le sfumature. Penso che nei prossimi anni sarebbe giusto se ognuno di noi, sostenendo Israele anche materialmente, si ponesse davvero il problema delle sempre maggiori ingiustizie: supportare progetti di sostegno alla povertà, di creazione di opportunità per le fasce più deboli, di lotta alle disuguaglianze (sociali, ma anche etniche, religiose) sarebbe un modo utile di essere vicino a Israele.
Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas – twitter @tobiazevi