Sport & valori – Quell’abbraccio che ci ha unito

Ventidue candeline per Mario Balotelli, il grande campione che ha fatto sognare l’Italia del calcio regalando emozioni indimenticabili anche fuori dal campo di gioco. A fianco l’omaggio grafico di Elisa Baldissera che immortala l’abbraccio tra il centravanti azzurro e sua madre adottiva, l’ebrea bresciana Silvia Nostro, sugli spalti del National Stadium di Varsavia dopo la semifinale europea vinta contro la Germania proprio grazie a due straordinarie reti di Supermario.

Appena finite le fatiche di Polonia e Ucraina. Appena somatizzati gioie, trionfi e dolori della massima competizione calcistica d’Europa, Mario Balotelli ha dato un nuovo abbraccio a sua madre. Questa volta lontano dalle telecamere che avevano immortalato la commovente manifestazione d’affetto sugli spalti del National Stadium di Varsavia alcuni istanti prima della semifinale tra Italia e Germania, la partita che ha forse dato una svolta definitiva alla sua carriera. In quelle ore la stampa internazionale celebrava con articoli a nove colonne Balotelli, l’uomo che con il suo ardore agonistico, con la sua potenza e con la sua classe grezza ancora in parte da scoprire ha annichilito i favoritissimi tedeschi regalando la finale agli Azzurri. La parentesi sarebbe stata breve: pochi giorni e si sarebbe infatti tornati al solito circus mediatico. Mario paparazzato in discoteca, Mario che si ubriaca al tavolino seminudo insieme alle cubiste, Mario prossimo alla paternità. C’est la vie.
Ma dicevamo di quell’abbraccio. Un simbolo mediaticamente potente e soprattutto una spontanea dichiarazione d’amore filiale. All’indomani della finalissima Balotelli si è nuovamente gettato tra le braccia di mamma Silvia a Concesio, provincia di Brescia, il paese dove è cresciuto e dove vivono ancora i genitori e due dei suoi tre fratelli. Il campione nero, simbolo della nuova Italia che cresce e affronta le sfide del futuro nel segno della multiculturalità. E Silvia Nostro, la madre adottiva, l’ebrea bresciana che tiene sotto al letto le testimonianze epistolari dei parenti inghiottiti dal vortice della Shoah e mai più tornati a casa. Il peso di quella storia Mario lo ha esternato in tutta la sua drammaticità in occasione della visita della Nazionale ad Auschwitz.
Gli occhi non mentono e quelli di Balotelli esprimevano chiaramente tutto il suo turbamento interiore. “Mario ehad shelanu”, “Mario uno di noi”, titolava non a caso il quotidiano israeliano Yediot Ahronoth in un recente articolo di approfondimento sulle vicende familiari del centravanti del City con particolare attenzione sul suo rapporto tutto speciale con la madre.
Mamma Silvia è la persona che, nel bene e nel male, non lo giudicherà mai e questo suo figlio lo sa bene. È soprattutto la garante della sua privacy. Una promessa cui non viene meno neppure quando la incontriamo all’ingresso della sobria villetta dei Balotelli a Concesio. Un’oasi di tranquillità per il campione. Dietro l’angolo un grande centro commerciale, di fronte i campi dell’oratorio di Sant’Andrea dove nessuno ha dimenticato le sue prodezze precoci (“Amava le acrobazie, preferiva divertirsi e far divertire piuttosto che segnare” dice il signor Giovanni, giardiniere in pensione). Intorno molto verde, abitazioni e persone decisamente normali. Non è un luogo per vip e fa sorridere pensare al contrasto tra queste strade di periferia abbastanza noiose che portano all’imbocco della Val Trompia e la frenetica vita inglese a nove zeri di Supermario. Silvia Balotelli è una donna piccola nel fisico ma forte, fortissima nel carattere. E lo dimostra anche in questa circostanza. Non smentisce però quanto uscito sui media e lo stesso accade con i figli Corrado e Giovanni, proprietari di una ditta di consulenza sull’energia solare alle porte di Brescia. L’input è quello di non rilasciare interviste ma il silenzio cordiale e un sorriso tutto sommato complice in questo caso valgono molto più di un’affermazione.
aSono stimati da tutti in paese, i Balotelli. “Persone semplici e molto attente alla discrezione”, spiega una vicina di casa quando l’improvvido cronista si accinge a scattare una foto della loro abitazione. La prova di quanto affermato dalla signora è proprio nella relativa modestia del villino plurifamiliare di via delle Camerate. Tanti altri, nella loro situazione, avrebbero cambiato residenza e stile di vita. Ma non i Balotelli, che continuano a frequentare gli stessi amici e gli stessi luoghi di sempre. Ogni giornata inizia con la colazione nel caffè sulla strada principale di Concesio e molti altri sono gli appuntamenti fissi della loro tranquilla quotidianità. “La signora Silvia è di casa. E quando Mario è a Concesio noi siamo i primi ad accorgercene perchè non manca mai di farci un saluto”, dice Laura, la proprietaria del caffè. Dal parroco al sindaco, dal benzinaio al giornalaio: tutti hanno una buona parola per il centravanti di Prandelli e per chi, dopo averlo preso in affido in tenerissima età, non lo ha mai lasciato da solo fino a quando, emancipatosi a suon di goal e giocate spettacolari, il giovanotto ha spiccato il volo verso il calcio professionistico e verso una nuova definizione del suo mondo senza però per questo dimenticare le origini. È proprio all’oratorio dove Balotelli ha mosso i primi passi da calciatore che incontriamo Lino Fasani e Antonio Abba, rispettivamente presidente e direttore sportivo dell’Unione Sportiva Mompiano. “Era un fenomeno. Lo si vedeva già allora che aveva qualità decisamente superiori alla media – racconta Abba aprendo la stanza dei trofei (sono davvero tanti, chissà in quanti ha messo lo zampino) – e che avrebbe fatto strada nel pallone. Partiva dalla difesa, scartava tutti e andava dritto in porta. Era formidabile, un centravanti nato”. Si parla di calcio ma anche di integrazione e di quello che Balotelli attraverso il suo singolare percorso può rappresentare nella lotta al pregiudizio. E inevitabilmente si parla anche del periodo della sua formazione. Fasani ricorda benissimo di quando Mario e Silvia arrivavano mano nella mano all’oratorio. “Silvia Balotelli – dice – era sempre accanto al suo bambino. Si informava sui suoi progressi in campo ma ad interessarle erano soprattutto le imprese a scuola. Già a quei tempi Mario si distingueva per una certa vivacità e la grande paura di sua madre era che il rendimento in classe potesse risentirne. Era spaventata dall’idea che potesse sfondare nel calcio perché l’ambiente professionistico non la convinceva affatto”. Giovanni Valenti, primo allenatore di Balotelli al Mompiano, oggi mister dei Pulcini 2001 al Milan, conferma questo approccio con un aneddoto curioso: consapevole dello straordinario talento del figlio, la signora Balotelli aveva addirittura paventato la possibilità di farlo iscrivere in una squadra di pallacanestro per allontanarlo dalle numerose società che già gli ronzavano intorno. Una forma di protezione materna che stride con l’idea che si ha spesso di genitori famelici che proiettano sui figli aspirazioni di successo, soldi e benessere da raggiungere attraverso la bravura dei propri pargoli. “Rimasi senza parole – dice Giovanni – poi fortunatamente cambiò idea. Ma ancora oggi si aspetta che Mario le dia soddisfazioni nella vita e non tanto sul campo. Già da piccolo era un concentrato di energie e i suoi genitori lo iscrivevano a tante attività per farlo stancare. Non c’è mai riuscito nessuno”. Al bar dell’oratorio Paola e la Nucci, storiche figure del posto, si commuovono ripensando a quello scatenato ragazzino che veniva spesso a fare rifornimento al bancone. Il pit stop prevedeva come carburante ghiaccioli e cioccolatini. “Era golosissimo”, spiegano. E anche loro ci regalano un affresco decisamente diverso rispetto a quello che si è portati a pensare sulla vita privata del Balo. “Macchè arrogante, macchè prepotente – spiega Paola – È una persona squisita che si dà molto da fare nel sociale così come i suoi fratelli. Ho un nipote con delle disabilità e lui è stato tra i primi a occuparsene. È un ragazzo d’oro e questo bisogna che si sappia in giro perché non viene detto abbastanza”. Per ulteriori delucidazioni chiedere a Francesco Gnutti, titolare del bar Maclan, dove alle pareti abbondano i gadget e le magliette di Balotelli e dove le sue imprese sono quotidiano argomento di discussione assieme alle partite della Beneamata (il locale è sede di un Inter club) e alle gare di ciclismo. “I giornali possono scrivere quello che voglioni e talvolta è anche colpa sua che dà loro spago – spiega – ma Mario rimane sempre un grande. Un bravissimo figliolo cresciuto con valori importanti che qua da noi sarà sempre benvoluto”. E chissà se un giorno, all’ingresso di Concesio, accanto alla targa che ricorda che in quei luoghi nacque un pontefice, un onore simile sarà riservato a quel bresciano d’adozione che magari avrà meno santi in paradiso di Paolo VI, ma che in quanto a consenso popolare sembra oggi non temere rivali.

Adam Smulevich (Pagine Ebraiche agosto 2012)
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