Insegnare a ridere
Che l’umorismo sia un elemento essenziale della cultura ebraica è talmente evidente che non c’è affatto da stupirsi che quest’anno sia dedicata ad esso la Giornata europea della cultura ebraica, anzi, casomai sorprende che il tema non sia stato affrontato prima. In effetti, però, non è un argomento facile per una giornata a intento divulgativo. L’umorismo è fatto di discorsi sottintesi, di cose date per scontate, di passaggi logici rapidi e fulminanti. Fare pedagogia sull’umorismo è difficilissimo: come si può insegnare a ridere e a far ridere? E’ un problema che come insegnante mi sono posta spesso, senza trovare una risposta soddisfacente. Ancora più difficile mostrare l’umorismo ebraico perché gli ebrei quando scherzano sono spesso cattivissimi, al limite dell’antisemitismo (e anche oltre: quante delle barzellette che siamo soliti raccontarci accetteremmo di leggere su giornali non ebraici o sentire in televisione?)
Il 2 settembre saremo dunque di fronte a una scelta: o ci inventiamo apposta per la giornata un umorismo ebraico edulcorato, sostanzialmente finto, oppure (e credo sia l’unica cosa onesta da fare) saremo costretti a mettere in piazza davanti a tutti impietosamente i nostri difetti. In fin dei conti forse non è un male, dato che spesso chi ha difetti appare più umano e più simpatico. Sicuramente non è un male, di fronte ai diffusi pregiudizi sugli ebrei che si aiutano sempre tra loro, far vedere che invece spesso litighiamo furiosamente.
Anna Segre, insegnante