Voci a confronto

Roberta Zunini svela finalmente ai lettori del Fatto Quotidiano certe realtà sempre tenute nascoste da una certa sinistra (e non solo): a Gaza “ci sono tanti soldi, ma solo per pochissimi”. Oggi lo si può affermare forse solo perché lo ha detto Abu Mazen, e così si può scrivere che ci sono 800 milionari e 1600 quasi milionari, e che Hamas, eletto democraticamente (ndr) “controlla tutto, anche l’ingresso degli antidepressivi”. Ne parla anche Michele Giorgio sul manifesto, in un articolo nel quale deforma l’allarme denunciato dall’ONU per il pericolo che, a partire dal 2020, l’acqua a Gaza non sia più utilizzabile (ma scrive Giorgio che le acque nere finiscono in mare, mentre il vero pericolo, secondo quanto denunciato, è costituito dalle tante che finiscono nelle falde acquifere tramite fori praticati direttamente nelle case). Naturalmente la causa di tutto ciò è il blocco israeliano, e Giorgio omette di dire che i beni fondamentali (compresi gli antidepressivi di cui sopra) entrano dal confine con Israele. Viene da chiedersi come mai lo stesso Mi. Gio, sulle stesse pagine, dopo aver denunciato l’ennesimo rinvio del processo presso il tribunale di Gaza per la morte di Arrigoni, non si ponga i doverosi interrogativi sulle ragioni di tali rinvii.

Alcuni facinorosi ebrei hanno assalito di notte il convento di Latrun (che si trova sulla strada tra il mare e Gerusalemme), scrivendo frasi offensive contro i cristiani e incendiando il portale; Netanyahu ha subito condannato il grave episodio augurandosi che i colpevoli vengano identificati e puniti con rigore (Israele non ha certo bisogno che si verifichino simili episodi criminali, che sono forse la conseguenza dell’evacuazione forzata di Migron ndr). Ne scrivono oggi alcune brevi su vari quotidiani, oltre al Figaro.

Lorenzo Cremonesi sul Corriere continua a descrivere la terribile realtà che si vive nel nord della Siria (e nella vicina Turchia); su Repubblica l’altro inviato Pietro del Re aggiunge che Assad deve bombardare dall’alto, indiscriminatamente, perché non può usare la fanteria, perché le truppe non sono affidabili. Antonella Rampino su La Stampa aggiunge che sarebbe proprio la Turchia ad opporsi alla creazione della no fly zone per evitare che l’’opposizione curda siriana si riunisca con quella che opera all’interno della Turchia.

Dagli USA Maurizio Molinari segue la campagna di Obama, e così si legge che, secondo il presidente, gli USA sostengono “con impegno incrollabile” la sicurezza di Israele, ma, mentre si rinuncia a qualsiasi riferimento a “Gerusalemme capitale”, si sostiene che il governo procede verso “l’ulteriore eliminazione di armi nucleari” (ed intanto si omette di parlare della nuova potenza nucleare che sta per nascere ndr). In un articolo su Repubblica firmato da Angelo Aquaro si spiega quale sia il peso degli ebrei americani nel voto USA, e se anche l’appoggio ebraico al partito democratico dovesse calare dal 75% al 65%, i numeri conseguenti avrebbero un peso importante e forse determinante sui risultati finali.

Gian Micalessin sul Giornale svela che l’attrice israeliana Orly Weinerman ebbe una storia d’amore col figlio di Gheddafi Saif, oggi incarcerato in Libia, al punto che si parlò di matrimonio tra i due (sarebbe stata all’epoca una notizia davvero esplosiva ndr); Micalessin spiega anche alcuni intrighi che esistevano tra il rais libico e il primo ministro Blair.

Sempre di grande importanza gli eventi che si organizzano nel Ghetto di Roma; Avvenire e Corriere, tra gli altri, parlano del festival che si terrà tra l’8 ed il 12 settembre; dice Riccardo Pacifici: vogliamo sfatare il mito dell’ebreo che ama piangere sulle sue disgrazie passate, e dobbiamo cercare il modo perché il passato non si verifichi più.

Gian Marco Chiocci sul Giornale scrive sull’attentato di Bologna nel 1980; perché inizia scrivendo che gli ebrei sono al fianco degli ex neofascisti? Pacifici chiede correttamente, ed è ben diversa cosa, che si faccia finalmente luce senza guardare in faccia nessuno, e salta anche fuori una nota dell’epoca dell’antiterrorismo che metteva in guardia dai rischi di attentato per una ritorsione in preparazione dopo “la condanna dell’arabo Abu Saleh”.

A Venezia, infine, Ken (il rosso) Loach, insignito del premio Bresson, non perde l’occasione per invitare a boicottare Israele (sì, Israele, non certo gli ebrei; figuriamoci!

Emanuel Segre Amar