Crimini informatici, il ritardo italiano
L’Italia non ha ancora ratificato il Protocollo addizionale della Convenzione di Budapest sul Cyber Crime mediante il quale verrebbero adeguatamente individuate e sanzionate – anche in un contesto internazionale – le incitazioni all’odio razziale e religioso attraverso il web. Il Protocollo che comporta un’estensione della Convenzione sulla cibercriminalità, comprese le sue concrete disposizioni di cooperazione procedurali ed internazionali risponde concretamente all’esigenza di evitare l’utilizzo del web per attacchi razzisti e xenofobi che, ricordiamolo, non sono banalmente delle esternazioni deliranti, ma costituiscono dei veri e propri atti di istigazioni all’odio di massa, destinati – in assenza di una norma – a restare del tutto anonimi e impuniti, così come denunciato recentemente dal Ministro della Cooperazione internazionale e dell’Integrazione Andrea Riccardi.
E’ quindi fondamentale che l’Italia ratifichi il Protocollo aggiuntivo, anche solo riportando le medesime espressioni normative utilizzate in tale ambito, il quale prevede non solo l’incriminazione degli atti e delle istigazioni tipici dell’odio razziale o etnico, ma anche il contrasto all’apologia, alla negazione e alla minimizzazione dei crimini di genocidio, dei crimini contro l’umanità e dei crimini di guerra. Se si vuole impedire che la predicazione del disprezzo e dell’odio germini nelle giovani generazioni, come ricordato dallo stesso Ministro nella sua visita alla Comunità ebraica di Roma, occorre che le lacrime versate dopo ogni strage diventino impegni fattivi per lottare contro i seminatori dell’odio. Sarebbe quindi auspicabile che il nuovo “Parlamentino” dell’UCEI approvasse un documento che solleciti un intervento urgente del Governo italiano sul tema.
Joseph Di Porto, assessore della Comunità ebraica di Roma