Qui Roma – Un anno per il rispetto reciproco
Come consuetudine ho il privilegio scrivere tra gli ultimi per gli auguri, oramai tradizionali, su www.moked.it. Un’idea simpatica che fa onore al nostro direttore. Non riesco però a trattenermi dal leggere in molti casi troppa retorica, ottimismo e buonismo che non ci aiuta a presentare ai nostri lettori e ai nostri iscritti ciò che ci succede realmente intorno.
Non voglio anticipare su questo righe il mio intervento e saluto che farò agli ebrei romani per Rosh Hashana, ma sento la necessità condividere con voi ciò che rispecchia il dibattito tra nostri colleghi in Europa e Israele. Sono reduce da Yerushalaim al primo Congresso dell’Israeli Jewish Congress nel corso del quale mi è stata data l’opportunità di intervenire in uno dei panel della Plenary Session. In quella cornice ho sostenuto la tesi che è giunto il momento ripensare radicalmente la nostra missione e, se Rosh haShanah non può essere solo momento di bilanci ma anche di promesse e intenti, ho ricordato che siamo le guide di Comunità che non sono più quelle di 70, ma nemmeno 10 anni fa.
Intorno a noi il mondo sta cambiando, ci sono grandi opportunità ma anche tante tragedie. La crisi economica, il terrorismo, soprattutto il rischio di una guerra nucleare. Tutto ciò dovrebbe imporci interrogativi su cosa fare e su come affrontare tali situazioni se tutto dovesse precipitare. Noi leader comunitari non siamo gli stessi che gestivano le Comunità con l’avvento al potere di Mussolini e Hitler. All’epoca non vi erano né internet né la TV Live. Non c’erano cellulari né smartphone. Sopratutto non c’era lo Stato d’Israele.
Oggi, se ci fosse un rischio vero sapremmo dove andare d avere certezza essere accolti. Ma Israele non può essere visto solo come uno Stato rifugio per noi ebrei, bensì è il luogo dove investire per i nostri figli. Non è solo la terra del terrorismo e delle guerre, ma è il faro fra le nazioni, causa del progresso e benessere, pur con tutte le sue fisiologiche contraddizioni. Dobbiamo quindi augurarci come gestire questa trasformazione epocale del sionismo moderno.
Noi italiani cosa discutiamo invece ancora fra di noi? Su piccole, medie e grandi Comunità. Su ebrei “laici” e “religiosi”. Se siamo ancora di sinistra e antifascisti o se filo berlusconiani, con sterili e patetiche accuse reciproche, figlie spesso della gelosia. Io penso che siamo fuori rotta e se non la invertiamo saremo destinati a guardare solo a una gestione egoistica e decadente delle nostre Comunità.
Il mio augurio sincero è che si faccia tutti insieme e uniti una sincera Teshuvà. Che i propositi scritti si accompagnino ai fatti. Non può esserci aspirazione di convivere in pace e pretendere rispetto con chi ci odia se prima non impareremo ad amarci e rispettarci dentro Am Israel.
Questo è l’augurio che mi viene dal cuore. Shanà Tovà
Riccardo Pacifici, presidente della Comunità ebraica di Roma