Nugae – Bagatelle

Bagatelle, inezie, frivolezze. Questo significa nugae. È un termine latino, difficilmente traducibile, che il falso modesto Catullo adottò come titolo per la sua poesia disimpegnata e leggera. Lasciando da parte i temi grandiosi e tradizionali, ma in effetti un po’ pesanti, dell’epica e dell’impegno civile, si dedicò agli aspetti quotidiani e piccoli della vita. E la bellezza del mondo classico greco-romano, e anche di quello ebraico, sta proprio qui, nell’aver dato vita a valori di tale portata da essere ancora oggi alla base della nostra cultura, riuscendo però a esprimere contemporaneamente anche il bisogno di evasione e di leggerezza. E se chiaramente per molti versi le due realtà sono separate da una distanza culturale quasi infinita, e nella storia non sono mancati gli scontri, questo meraviglioso bipolarismo le accomuna. Perché nella libreria di casa ci sono libri di Talmud accanto ai film di Woody Allen, perché mentre a Gerusalemme le folle si riuniscono e pregano di fronte al Kotel, a Tel Aviv cantano a squarciagola al concerto dell’appassionata cabalista Madonna, perché per la strada si incrocia sia l’ultraortodosso con il tipico cappello di pelliccia sia il ragazzo con la kippah fatta a palla da basket. Perché a 13 anni si raggiunge la maggiore età religiosa ma si è ancora troppo piccoli per uscire la sera, e perché siamo il popolo del libro ma è più divertente leggere le preghiere dall’iphone. Questo è il bello del popolo ebraico, che è tenuto insieme da una forte e millenaria identità religiosa ma è capace anche di riderci sopra, che vive di precetti ma non dimentica i piccoli aspetti della vita quotidiana e sta al passo coi tempi, che unisce spiritualità e nugae.

Francesca Matalon, studentessa di lettere antiche – twitter @MatalonF