Legge e Memoria
Anche quest’anno, in occasione della ricorrenza del 16 ottobre 1943, si torna a discutere sull’opportunità di una legge che introduca in Italia il reato di negazionismo. Come forse i lettori sapranno, mi sono sempre dichiarato contrario a un simile provvedimento. Non solo e non tanto perché la materia dei reati d’opinione è particolarmente incandescente, ma ancor più perché ritengo che una misura di questo tipo sarebbe di difficile applicazione. Ci sono, certo, alcune cose da fare: ratificare le Direttive europee in tema di istigazione all’odio razziale e approvare anche in Italia il Protocollo di Budapest sul cyber-crimine, innanzitutto.
Ma c’è una riflessione ancora più urgente: su Twitter vengono ogni momento aggiornate le parole più citate nella rete di questo social network, i cosiddetti hashtag. Alcuni giorni fa sono rimasto impressionato leggendo che tra le voci più diffuse c’era il simbolo di tre svastiche attaccate; era non solo nella hit parade italiana, ma in quella mondiale. Soltanto ieri, poi, l’Unione degli studenti ebrei francesi ha protestato con Twitter France per un’altra vergognosa tendenza, #unbonjuif. Il problema è che si tratta di fenomeni spontanei, di massa, in molti dei casi dovuti più all’ignoranza che al vero e proprio antisemitismo.
Non servono le scorciatoie. Nessuna legge potrà mai impedire a qualcuno di dire scemenze, anche se queste sono vergognose e possono causare dolore alle vittime di un crimine terribile come la Shoah. E purtroppo internet e i nuovi mezzi di comunicazione rendono qualunque messaggio più veloce, più incontrollabile, più universale. Nel bene e nel male. Potrà apparire banale, ma io penso che non ci sia alternativa al lavoro sulle teste e sui cuori, soprattutto quando ci si rivolge ai più giovani. La battaglia che combattiamo – a partire dalla Memoria – è quella delle idee, e si può vincere solo con tanta costanza e con tanto impegno.
Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas twitter @tobiazevi