rispetto formale…

“Giunse un superstite e raccontò ad Abramo l’ebreo…” (Genesi 14:13).
Rabbì Moshè David Valle (1696-1777) si chiede il perché, “Abramo figlio di Terach”, viene chiamato “Abramo l’ebreo” da un sopravvissuto alla guerra che quattro re, guidati da Kedorlaomer, mossero contro i cinque re che si ribellarono al loro dominio. Il rabbino padovano interpreta questo modo di definizione come la rivelazione del sentimento di odio nei confronti degli ebrei. Moshè David Valle sostiene che il superstite raccontò ad Abramo che suo nipote era stato fatto prigioniero, solo per procurare dispiacere e dolore al patriarca. Cosa avrebbe potuto fare un solo uomo contro gli eserciti dei quattro re? Ma ciò che il “malvagio” non sa, è che il Signore ha una provvidenza speciale per i Giusti e infatti guidò Abramo, dopo la separazione da Lot, affinché dimorasse presso il querceto di Mamrè dove abitavano Aner, Eshkol e Mamrè, persone idonee con le quali stipulare un patto di alleanza in caso di bisogno.
Il primo ebreo della storia insegna a noi, suoi discendenti, di fare attenzione a coloro che dietro una forma di rispetto “formale” nascondono un odio “radicale”, pur non perdendo di vista la possibilità di trovare tra di loro le persone idonee con cui stabilire un patto…

Adolfo Locci, rabbino capo di Padova