Al Kolno’a con Hadas Yaron e David Ofek
Subito dopo i titoli di coda che concludono il film di cui è protagonista Hadas Yaron (nell’immagine), 22 anni, volto acqua e sapone, si presenta al pubblico accorso alla Casa del Cinema per la seconda serata del Pitigliani Kolno’a Film festival presentata da Dan Muggia, direttore artistico assieme ad Ariela Piattelli della lunga maratona cinematografica che porta in italia i migliori film israeliani. Ben diversa da Shira, la diciottenne ultraortodossa protagonista di Fill the void (titolo originale Lemale Et Ha’Chalal), in Italia con il titolo La sposa Promessa di Rama Burshtein, Hadas – jeans e maglietta – affronta la folla semplicemente con la naturalezza dei giovani anni che nulla hanno a che vedere con le molte attrici patinate ed artefatte d’oltreoceano, mentre il suo ragazzo la aspetta pazientemente al lato della sala.
Sei sposata? – inizia il fuoco di fila dal pubblico – Sei religiosa? Cosa si prova ad entrare nel mondo ortodosso e vederlo da vicino? C’è qualcosa in comune fra te e Shira? Ti ha cambiato, e se sì come, questa esperienza?
Hadas sorride e risponde lentamente, quasi sottovoce. No, non è sposata. No, non ha frequentato una scuola di recitazione. Questa è la sua seconda esperienza cinematografica. E sì, la regista ha fatto in modo che gli attori fossero presenti a molti momenti di vita dei “haredi”: un matrimonio, un brith, lo shabbat perché potessero calarsi meglio nei ruoli. Hadas non è religiosa, dice, ma da quando ha interpretato il film ha iniziato a frequentare le lezioni del rav che ha avvicinato Rama al mondo dell’otodossia. “Ma io non sono ‘datì’, (religiosa)” si affretta a chiarire di nuovo. Eppure Hadas ha saputo dare al suo personaggio una forza straordinaria, talmente forte da far sentire lo spettatore partecipe di quel mondo girato quasi interamente fra le mura domestiche della famiglia Meldelman, dove si racconta la vita di una famiglia di ebrei ortodossi. La storia ruota attorno al matrimonio di Shira, giovane promessa sposa che, dopo la morte per parto della sorella, viene messa di fronte alla scelta di rinunciare al predestinato sposo, per prendere in marito il cognato, rimasto vedovo.
Hadas Yaron è la prima attrice israeliana ad aver vinto la Coppa Volpi. Un riconoscimento ottenuto come migliore attrice della 69a edizione del Festival del Cinema di Venezia. Distribuito da Lucky Red, il film sarà nelle sale italiane del 15 novembre.
Lucilla Efrati – twitter @lefratimoked
Al crocevia con Gaza
I kiwi e la halva. I jeans e i ceci. Una mandria di vitelli troppo cresciuti e perfino due zebre. Quali sono (o erano) le merci autorizzate a transitare da Israele a Gaza? A tentare di rispondere a quest’interrogativo è Luxuries di David Ofek, proiettato ieri sera alla Casa del cinema di Roma nell’ambito del Pitigliani Kolno’a Festival. Sceneggiatore, regista e produttore Ofek, che esce dalla prestigiosa Sam Spiegel Film & Television School di Gerusalemme, si muove con leggerezza tra documentario e narrazione in un’opera coprodotta dalla tv israeliana che l’ha anche trasmessa e selezionata di recente fra i cinque migliori lavori dal Forum dei documentaristi israeliani.
“In questo film – spiega il regista – ho lavorato assumendo il punto di vista del cittadino israeliano. In quanto tale non posso entrare a Gaza e, come tutti, sono continuamente esposto ai telegiornali della tv israeliana. Il mio tentativo è stato quello di capire il sistema: in altre parole, perché era permesso il tè e non il caffè? Il film è partito da questa domanda e per tutta la sua durata cerca di capire, senza sentimenti di rabbia”.
Nell’arco di quasi un’ora Ofek ci fa incontrare un’umanità variegata. C’è il giovane camionista cresciuto in Russia ed emigrato ragazzo in Israele che non capisce come si possa lasciar marcire la farina (“sono cresciuto con un’altra mentalità, il pane non si butta”). C’è l’importatore di kiwi che non si capacità del perché la sua frutta sia vietata, in quanto considerata di lusso, e mele, banane e cachi entrino liberamente. Il kibbutznik che ha visto crescere una mandria di vitelli finché sono diventati tori e tenta tutte le vie per disfarsene e quello che blocca i rifornimenti di benzina nel nome di Shalit. E infine il direttore dello zoo di Gerusalemme che decide di donare due zebre allo zoo di Gaza dopo aver visto che lì per mostrare ai bimbi come sono fatte utilizzano due asini dipinti a righe nere. Le zebre non passeranno e finiranno vendute a uno zoo indiano.
Intanto i rapporti commerciali, anche sulla spinta della politica, evolvono verso una maggiore distensione. E Ofek ha ben chiaro che ciò che non entra da Israele lo fa dalla parte dell’Egitto attraverso i tunnel nel Sinai (“formalmente allora non poteva passare nulla, ma si sapeva che le gallerie sotterranee erano ormai così larghe da consentire il transito anche di mucche o automobili”). Anche se, sottolinea, “il problema più grave è rappresentato dai materiali per l’edilizia: l’ingresso è vietato perché si teme vengano usati a scopi bellici ma è una mancanza che penalizza la popolazione che non può ristrutturare le proprie case o costruire”.
Daniela Gross – twitter @dgrossmoked