Le finestre di via Sacchi

In prossimità delle stazioni i treni passano molto vicino alle case, ma come sono le case degli ebrei italiani? Michele Luzzati ha dedicato studi fondamentali sulla casa dell’ebreo nei secoli antichi, mancano studi sulle case degli ebrei italiani nel Novecento. I treni da Milano, arrivando a Porta Nuova, scorrono vicinissimi agli edifici di via Sacchi. Partendo da Torino alle prime ore dell’alba, o arrivando la sera tardi, si passa sotto quelle finestre e non si può fare a meno di pensare che in una di quelle case ha abitato Emanuele Artom, il partigiano trucidato dai tedeschi nel 1944, autore di quei diari che sono fra le cose più belle che siano state scritte in Italia sulla questione ebraica. Con ogni probabilità quelle finestre si trovano nel salone (adibito anche a studio di Emilio Artom, il papà di Emanuele ed Ennio). Ha ancora oggi il parquet dell’epoca, mi assicura chi oggi abita quella casa. E’ un giovanissimo scrittore torinese, che ha deciso di scrivere un romanzo sulla vita di Emanuele Artom (ma anche su quella casa di via Sacchi). Quando mi avvicino a Porta Nuova il mio pensiero va ogni volta a questa foto. Colpisce la tenuta elegantissima di Emanuele: giubba da marinaretto e grosso orologio al polso, commenta in una mail il giovane scrittore quando gli faccio vedere questa fotografia. Sono molto ansioso di leggere il romanzo che sta scrivendo. Mi è capitato più volte di discorrere a vanvera sui cosiddetti “luoghi della memoria”. Dovremmo sempre chiederci che cosa realmente voglia dire “abitare” un luogo della memoria.

Alberto Cavaglion