…numeri
Nel 1970 la comunità ebraica di Panama era stimata a duemila persone, quella di Milano a ottomila. Oggi la stima a Panama è attorno ai diecimila, a Milano gli iscritti alla comunità sono seimila. Cos’è successo nel frattempo? Nel piccolo paese istmico le quattro scuole ebraiche – tre molto tradizionali, una riformata – sono affollate, l’assimilazione è molto ridotta, e continua l’immigrazione soprattutto da altri paesi del continente latino americano. Un rabbino forte e carismatico, Rav Zion Levi scomparso quattro anni fa, ha guidato la crescita della maggioranza sefardita della comuntà nel rispetto dell’ortodossia ma cercando di parlare con tutti o quasi. La popolazione ebraica vive molto concentrata in pochi quartieri in una capitale sul cui orizzonte si delinea una catena impressionante di grattacieli e di gru. Sullo sfondo, l’economia in forte espansione di un paese oggi gestito da un regime relativamente tollerante, che funge da punto di passaggio obbligato per i commerci fra l’oriente e l’occidente e che raccoglie forti investimenti da molti continenti. Sono in stadio avanzato i lavori di raddoppio del canale di Panama che consentiranno un grande incremento dell’intercambio globale. Nel corso della storia le comunità ebraiche hanno trovato spazi favorevoli nelle zone di cerniera e di transito fra le grande aree economiche, nelle aree di libero scambio, nel porto franco, e dove sono stati effettuati massicci investimenti nelle grandi infrastrutture. Il contrario è avvenuto in regimi di autarchia, ristagno economico, scarsa iniziativa, oltre che mancanza di pluralismo culturale. Se uno scenario del primo e non del secondo tipo continuerà a prevalere a Panama, la popolazione ebraica potrà crescere ancora. Intanto sono in aumento fra i ragazzi delle scuole ebraiche quelli che come lingua straniera studiano il Mandarino. Non il Lumbard.
Sergio Della Pergola, Università Ebraica di Gerusalemme