Va in scena la Serenata al Vento
Arriva finalmente a calcare le scene La Serenata al Vento, opera prima presentata dal compositore Aldo Finzi per un concorso indetto dal Teatro della Scala nel 1937 e mai rappresentata a causa della promulgazione delle leggi razziste. Questa sera alle 21, alla Fondazione Corriere della Sera di Milano, concerto dedicato a brani di Finzi con introduzione di Gian Mario Benzing e interventi di Bruno Finzi, Diego Montrone e Gottfried Wagner. Il primo dicembre la rappresentazione al Bergamo Musica Festival.
Settantacinque anni per riparare a un torto. Tutto inizia a Milano nel 1937, quando il Teatro alla Scala bandisce un concorso per una nuova opera lirica da rappresentare nella stagione seguente. Tra i molti lavori pervenuti compare un’opera in tre atti, firmata da Aldo Finzi. Finzi è un’originale figura di compositore: nato nel 1897 in una famiglia ebraica milanese, compositore per vocazione, fu spinto a seguire la carriera di avvocato. Ma l’amore per la musica non venne mai meno: poco più che ventenne infatti, Finzi era già rappresentato da Ricordi, mentre alcuni dei suoi lavori furono eseguiti con successo in diversi palcoscenici italiani. Profondamente imbevuto di cultura musicale europea, autore di brani cameristici e pagine sinfoniche, per il concorso scaligero presentò un’opera – La serenata al vento – che nelle parole del presidente del Conservatorio milanese di allora (uno dei membri della giuria) era stato scelto per la vittoria. Ma la storia decise diversamente, e le origini ebraiche di Finzi – pochi mesi dopo sarebbero entrare in vigore le leggi razziste – decretarono l’esclusione della Serenata. Al termine del concorso la commissione esaminatrice affermò così che nessuno dei lavori presentati meritava il primo premio. Finzi morì nel 1945 e non vide mai la sua opera rappresentata. A causa della guerra e delle difficoltà che seguirono, l’opera avrebbe rischiato di scomparire nel nulla, come molta altra musica di Finzi. Eppure, a 75 anni di distanza, La serenata al vento – recentemente stampata da Ricordi – andrà in scena il primo dicembre al Teatro Donizetti nell’ambito del Bergamo Festival. “Il desiderio di veder suonata la musica di mio padre risponde più di ogni altra cosa alla volontà di mio figlio, e l’esecuzione della Serenata è il culmine di un processo di riscoperta della musica di Finzi iniziato nei primi anni ‘90”, spiega l’avvocato Bruno Finzi, figlio del compositore. “Fu allora che un’amica, una pianista di Brescia alla ricerca di opere inedite, entrò in contatto con alcune partiture di mio padre. Quando poi morì Nino Sanzogno, il figlio prese a interessarsi alla musica di Finzi: trovò il Salmo per orchestra e coro di voci femminili e scrisse un’articolo su questa partitura che venne pubblicato sulla rivista del Teatro alla Scala. Pochi mesi dopo andai a Gerusalemme: all’epoca sostenevo un’associazione che si occupava di piantare alberi in Israele, e fui invitato per i festeggiamenti della ricorrenza dei tremila anni dalla fondazione della città. Portai con me l’articolo, parlai di mio padre e mi fu chiesto di eseguire il Salmo. Fu l’inizio della riscoperta della musica sua musica sinfonica. Era il 1994… Due anni più tardi, mio figlio fece in modo che il poema sinfonico Inni alla notte fosse eseguito in Italia. A quel concerto era presente un discografico di Monaco che, mosso da uno spirito di mecenatismo, si occupò di eseguire e registrare una serie di partiture di Aldo Finzi (vedi box). Nel frattempo il figlio di Sanzogno aveva scritto a vari teatri per proporre l’esecuzione della Serenata al vento. Entrammo in contatto anche con la Scala, ma non se ne fece mai nulla”. Aldo Finzi è il figlio di Bruno: oltre a chiamarsi come il nonno, ha seguito anche lui la carriera avvocatizia. “Ogni volta che tornavamo a casa dallo studio di mio padre mi lasciavo incuriosire dai racconti familiari, e la storia di questo nonno che non ebbi mai modo di conoscere, mi rimase impressa. Dopo l’esecuzione del Salmo capii che la musica di Aldo Finzi aveva un grande valore e iniziai a spingere per la sua riscoperta. Da allora praticamente tutto è stato eseguito, ma la Serenata continuava a restare nascosta. Così spedimmo la partitura a Ricordi, che si fece sentire dopo pochi giorni. Credevo si sarebbe trattato di un appuntamento senza particolari risvolti, ma Ricordi affermò che l’opera era bellissima e che sarebbe stata pubblicata dì lì a poco. A questo punto l’esecuzione della Serenata per la prima volta sembrava essere una possibilità concreta. Le avvisaglie non erano mancate: già nel 2011, il direttore dell’opera di Tel Aviv ci aveva contattato per metterla in scena, ma una serie di difficoltà bloccarono il progetto”. “Sono venuto a conoscenza della Serenata al vento durante un pranzo con Aldo Finzi. Stavo cercando una partitura inedita da eseguire, e mi sono imbattuto in quest’opera”, spiega Diego Montrone, che il primo dicembre, a capo dell’orchestra Accademia delle Opere, dirigerà l’opera di Finzi. “Se dovessi definirla, direi che si tratta dell’ultimo grande capolavoro del ‘900. Grazie alla sua curiosità intellettuale e ai suoi numerosi viaggi nell’Europa dell’epoca, Finzi è stato un compositore profondamente legato alla cultura del suo tempo. E nei novanta minuti della partitura – un’opera giocosa su libretto di Carlo Veneziani – ci sono una serie di influenze che da Rossini spaziano fino a Richard Strauss, passando per la musica francese. Per le voci soliste la scrittura è decisamente complessa, mentre dal punto di vista musicale è contraddistinta da continui cambi di tempo. Ne ho misurati più di 250… Per quanto infine riguarda la regia (affidata a Otello Cenci) abbiamo pensato di ambientare l’opera nella Milano degli anni ‘30 del secolo scorso, giocando su una serie di anomalie che distorcono oggetti della quotidianità, ingigantiti o diversi rispetto alla norma. I costumi e un trucco vistoso faranno il resto… ». L’ultimo elemento riguarda il modo in cui questo progetto verrà portato in scena: lo sponsor della Serenata al vento è infatti la Regione Lombardia, ma i soggetti coinvolti nella produzione sono la Jerusalem Foundation e il Centro di formazione professionale Galdus di Milano. “La Jerusalem Foundation di Gerusalemme è una realtà attiva nel sociale, con una serie di programmi che orientano i giovani verso il mondo del lavoro”, continua Montrone, direttore artistico e musicale dell’orchestra dell’Accademia delle Opere, creata nel 2005. “I cantanti dell’opera sono solisti russi da anni residenti in Israele, mentre i musicisti dell’orchestra – quasi ottanta elementi – sono quelli del Donizetti di Bergamo, a fianco di strumentisti dell’Accademia delle Opere. I gioielli e gli oggetti di scena sono invece stati realizzati dagli studenti del Centro di formazione Galdus, che tentiamo di avvicinare alla musica attraverso il coinvolgimento diretto nella produzione di un’opera. Poi ci sono una serie di altri progetti, tra cui l’idea di riproporre la Serenata a Gerusalemme. Stiamo anche pensando all’eventualità di una registrazione”. Settanticinque anni per riparare a un torto. “In punto di morte mio padre si raccomandò che la sua musica fosse eseguita. Fu il suo ultimo e più grande desiderio”, conclude Bruno. “Dopo che la Scala gli negò la vittoria al concorso, gli eventi precipitarono. Le leggi razziste del ‘38 non permisero più a mio padre di lavorare. Trovò un impiego a Chicago per insegnare musica, ma scoppiò la guerra e non volle abbandonare la sua famiglia. Seguirono anni difficili… Mio padre venne arrestato dalle SS italiane, ma erano solo dei volgari rapinatori e lo rilasciarono in cambio di soldi e gioielli: nei continui spostamenti molta della sua musica andò persa per sempre e quando la guerra finì i tempi erano cambiati e non riuscimmo a farla eseguire. Soltanto una ventina di anni fa i lavori di mio padre hanno ripreso ad essere suonati. L’esecuzione della Serenata è il segno di una rivalsa”. “O, se vogliamo, il raggiungimento di un traguardo straordinario – aggiunge Aldo – perché l’intento di riportare alla luce la musica di mio nonno è giunto a compimento. Ormai la si suona da più parti ed è il traguardo più importante che potessimo immaginare. Poi accadono di continuo cose strane, e una di queste riguarda anche Amadeus: nel numero dello scorso febbario compariva un’intervista a Franco Battiato, al termine della quale lui insisteva sul fatto che ci fosse ancora molta musica da riscoprire tra cui, appunto, quella di Aldo Finzi…»
Edoardo Tomaselli, Pagine Ebraiche, dicembre 2012