29 novembre
Per la cultura ebraica le coincidenze di date non sono mai casuali; anche quando un evento luttuoso si sovrappone ad uno lieto (per esempio con la distruzione degli ebrei minacciata da Hamman di cui si ha notizia intorno a Pesach, per cui Ester e tutto il popolo digiunano al posto di celebrare il seder), la suggestione della data offre comunque un barlume di speranza.
Cosa dobbiamo pensare di un’Assemblea Generale dell’ONU che vota un riconoscimento il 29 novembre, data in cui la stessa Assemblea approvò nel 1947 il piano di spartizione che permise a Israele di nascere? Oggi il voto sulla Palestina appare come una sconfitta diplomatica per Israele, e anche la scelta della data suona come una voluta contrapposizione, ma forse anche in questo caso la coincidenza offre un barlume di speranza: se a Israele il 29 novembre ha portato fortuna, perché non sperare che porti fortuna anche ai palestinesi? Perché non sognare uno Stato palestinese libero e democratico al fianco di Israele? Perché non augurargli di crescere e prosperare? A me pare che questo augurio non possa che essere condiviso in particolare da tutti coloro – come me e molti altri, credo la stragrande maggioranza degli ebrei italiani – che credono in uno Stato d’Israele ebraico e democratico (esistono forse altre soluzioni che permetterebbero a Israele di conservare nel lungo periodo contemporaneamente l’identità ebraica e la democrazia? Se ci sono nessuno me le ha mai spiegate). E allora si può dissentire sul come e sul quando, si può essere preoccupati per le conseguenze immediate, ma non si può fare a meno di sognare che tra 65 anni la Palestina possa guardare indietro alle difficoltà superate e ai traguardi raggiunti con lo stesso legittimo orgoglio con cui oggi Israele può guardare indietro a quell’altro 29 novembre. E immaginare che un giorno festeggeranno tutti insieme le due date coincidenti. Chissà, forse anche questa non sarà una favola.
Anna Segre, insegnante