Le due favole
Immaginiamo che qualcuno ci racconti la seguente favola: C’è una cena di parentado, in occasione della quale tutti i partecipanti decidono di escludere dall’incontro un parente povero, ritenuto indesiderato in ragione della sua indigenza. Il poveretto chiede di essere ammesso al convivio, dicendosi anche disposto a cenare da solo in un angolino, in cucina, senza dare fastidio a nessuno. E immaginiamo che, alla fine della favola, ci si chieda: “tu lo faresti entrare?”. Bisognerebbe essere davvero cattivi per dire di no.
Ma immaginiamo di ascoltare quest’altra favola.
Un giorno lontano, a una cena di parentado furono invitati due cugini. Uno dei due (chiamiamolo “il bianco”) accettò l’invito, tutto contento, ma l’altro (chiamiamolo “il nero”) disse: “no, se viene quello io non ci vengo”. Dato, però, che il bianco fu comunque invitato e ci andò, il nero sfogò la sua rabbia cercando di uccidere, in tutti i modi possibili, il rivale, ingaggiando, a tal scopo, i peggiori assassini disponibili a farlo. Tentativi reiterati un’infinità di volte, per ben 65 anni di fila, durante i quali l’odio per il cugino risulta essere sempre cresciuto, fino a raggiungere livelli assolutamente parossistici. A un certo punto, il nero chiede di essere invitato anche lui a una nuova cena parentale. Il bianco, sommessamente, gli chiede: “scusa, cugino, ma allora hai superato il vecchio pregiudizio verso la mia presenza? Possiamo starci tutte e due? O, per caso, vieni per provare, ancora una volta, a farmi la pelle?”. E il nero risponde, digrignando i denti: “zitto tu, maledetto, e non ti permettere di rivolgermi mai la parola, per nessun motivo!”. Alla fine della favola, la stessa domanda di prima: “lo faresti entrare?”. Bisognerebbe essere davvero cattivi per dire di sì.
Morale.
Chi legge la vicenda del recente voto ONU come la prima favola (“c’è un popolo povero e reietto, che desidererebbe essere ammesso anche lui nella comunità delle nazioni, sia pure solo come semplice osservatore: lo facciamo entrare?”), e si dichiara amante della pace e del dialogo, fa bene a essere compiaciuto dell’esito.
Chi interpreta invece l’accaduto piuttosto nel senso della seconda favola, e condivide l’idea che “il bianco” sia eliminato (o, almeno, riceva qualche buona bastonatura), fa bene, anch’egli, a essere soddisfatto.
Ma chi non crede alla prima favola, e, ciò nonostante, saluta con soddisfazione la risoluzione ONU, ritenendola favorevole, in prospettiva, agli interessi di entrambi i cugini, non si rende pienamente conto, forse, di cosa sia realmente accaduto.
Francesco Lucrezi, storico