Torino nel piccolo schermo
Abbiamo acceso cinque candele in ogni situazione possibile (nella piazzetta, al bet ha-keneset, a scuola, ecc.), abbiamo discusso per giorni su cosa della nostra Comunità potesse interessare agli israeliani, ci siamo chiesti se i nostri abiti da fine ottobre mite mostrati in dicembre non avrebbero tratto qualcuno in inganno sul clima torinese; poi abbiamo aspettato con trepidazione quasi due mesi, e finalmente è arrivata la mitica quinta sera di Chanukkà in cui, fieri del privilegio di essere una delle otto Comunità del mondo scelte per il programma, siamo andati in onda in prima serata sulla TV israeliana. Inutile dire che nei giorni precedenti ci eravamo dati da fare per allertare amici e parenti in Israele e intimare loro di scordarsi qualunque programma alternativo avessero previsto per la serata e guardare assolutamente Arutz 1. E abbiamo trascorso le successive 24 ore a mandarci link e consigli per cercare di vedere la trasmissione e scoprire alla fine come siamo venuti fuori. Tra qualche decina di anni potrebbe essere un argomento di studio interessante analizzare cosa gli ebrei torinesi hanno voluto mostrare di sé e cosa il regista Avital Merkler ha scelto di far vedere. Le riflessioni su come si vuole apparire all’esterno sono frequenti nella vita delle nostre Comunità, ma questa era un’occasione diversa dalle altre: non si trattava, come per esempio nel caso della Giornata Europea della Cultura ebraica, di far capire cos’è l’ebraismo a un pubblico ignorante o distratto; stavolta si trattava di mostrarsi a un pubblico competente, al cui giudizio si tiene particolarmente, come quando in vista dell’esame di maturità si prepara il documento con cui presentare una classe ai commissari esterni. Cosa è stato poi mostrato? Tante cose: la scuola, la casa di riposo, i giovani; giustamente è stato dato un certo rilievo alla storia, alla letteratura (Primo Levi), ai partigiani ebrei. Naturalmente non tutto ha trovato posto nella mezz’oretta di trasmissione. Non è emersa la vita culturale dei diversi gruppi comunitari e forse potremmo rammaricarci che si sia data l’impressione di una Comunità troppo poco intellettuale, ma in compenso possiamo tirare un sospiro di sollievo che non sia stata filmata un’assemblea comunitaria, magari una di quelle belle accese, che come reality show avrebbe trovato senz’altro un suo pubblico. Nel complesso è stata un’esperienza divertente. Sarà interessante nei prossimi giorni scoprire che impressione gli israeliani hanno avuto di noi.
Anna Segre, insegnante